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gserpentino
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Messaggio da gserpentino »

Spesso nei circuiti a stato solido con alimentazione duale
vedo in uscita questo tipo di circuito.


Immagine

Credo serva per eliminare la componente continua di polarizzazione in uscita ma non ho capito come funziona.

gabriele
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Giaime
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Messaggio da Giaime »

Oh una bella domanda finalmente, in questa calura estiva parliamo delle reti un po' oscure che si vedono all'uscita di quasi tutti i finali a stato solido :)

Prima capiamo perchè non serve a eliminare la continua dall'uscita :D : il nodo dell'uscita è collegato al parallelo di R26 e L1. Negli amplificatori di solito quest'ultima è una piccola bobina di filo di rame da pochi micro henry: per la corrente continua, questa bobina è essenzialmente un corto circuito. Per cui tutto l'offset in continua dell'uscita ce l'hai ANCHE al nodo tra R27 e il fusibile. Essendo pure quest'ultimo un corto, per la continua, ecco che tutto l'offset ce l'hai sui diffusori :)

Quindi no, la funzione non è quella (non ci sono condensatori in serie all'uscita!). La presenza di queste reti è la norma negli amplificatori a stato solido più comuni, e servono a garantire la stabilità dell'apparecchio quando viene messo di fronte ad un carico non puramente resistivo.

Qualsiasi amplificatore retroazionato (che incorpori nel loop di retroazione lo stadio d'uscita), data la sua impedenza d'uscita non nulla, può diventare instabile quando gli si collega un carico (anche parzialmente) induttivo o capacitivo. Questo perchè i componenti reattivi (induttanze e condensatori) introducono uno sfasamento tra tensione ai loro capi e corrente all'interno di essi: in un resistore invece la corrente e la tensione sono perfettamente in fase.

Questo, col fatto che l'impedenza d'uscita non è zero, può alterare la fase del segnale d'uscita, e un amplificatore a retroazione questa è una cosa molto critica, poichè bisogna garantire che ad ogni frequenza amplificabile dall'apparecchio (ossia quelle per le quali ha un guadagno maggiore di 1) la retroazione sia effettivamente negativa, e non diventi improvvisamente positiva causando l'oscillazione dell'amplificatore e potenzialmente danneggiarlo.

L'idea è quindi di "isolare" il più possibile i componenti reattivi dall'uscita dell'amplificatore, che è poi il punto da cui viene prelevato il segnale di retroazione. Dopo l'uscita vera e propria, si mette un induttore in serie ai diffusori, e un condensatore in parallelo. L'induttore evita che l'amplificatore risenta troppo degli effetti di un carico capacitivo (es. i pannelli di una elettrostatica), e il condensatore viceversa, "scherma" l'amplificatore dal comportamento induttivo degli altoparlanti.

Però facendo così si formano dei gruppi risonanti, delle celle LC, che se non smorzati efficacemente possono a loro volta mettere a rischio la stabilità dell'amplificatore: per cui si smorzano le oscillazioni di questi gruppi ponendo in parallelo all'induttore e in serie al condensatore delle resistenze, nel nostro caso R26 e R27.

Solitamente R26 è 4.7-10ohm e wattaggio adeguato, L1 tra 2 e 8uH, R27 circa 10ohm e C12 100nF. Questi valori però vanno verificati con attenzione sugli amplificatori, perchè potrebbero essere insufficienti per garantire la stabilità, oppure su amplificatori a basso feedback, potrebbero essere eccessivi (per esempio, negli amplificatori correttamente progettati, alla fin fine l'impedenza d'uscita complessiva è sempre dominata dall'induttore sull'uscita, e questo potrebbe essere non voluto - non desiderato).

Di solito per comodità L1 è semplicemente fatta avvolgendo 15-20 spire di filo di rame smaltato, spesso si usa come "supporto" per avvolgerceli sopra direttamente la R26.

Non è argomento facile al primo approccio perchè ha abbastanza a che fare con la teoria dei controlli, magari se le cose sono poco chiare approfondiamo con qualche simulazione SPICE.

PS D.Self ne parla approfonditamente, di queste reti, nel suo libro Audio Power Amplifiers Design Handbook, nel capitolo su stabilità e compensazione.

Ciao!
Giaime Ugliano
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Messaggio da gserpentino »

Un grazie pubblico a Giaime per le sue risposte...


ciao
gabriele
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Messaggio da gserpentino »

Giaime, hai due circuiti di esempio da provare in ltspice...?

gabriele
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Messaggio da Giaime »

Ehm... riguardo a che cosa? :)

Ampli completi o solo la parte della rete d'uscita?

Ciao!
Giaime Ugliano
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Messaggio da gserpentino »

solo rete di uscita.
Ieri sera ho fatto delle prove con induttori condensatori e resistenze su LTspice ma non sono riuscito a fare le compensazioni.
Ottenevo sempre uno sfasamento tra tensione e corrente.

gabriele
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Messaggio da Giaime »

Ciao Gabriele,

beh è indubbio che non è possibile un rifasamento "totale", ciò presupporrebbe di conoscere induttanza e capacità del carico, ma vista l'enorme quantità di diffusori presenti sul mercato, sono grandezze impossibili da quantificare, così i progettisti degli amplificatori hanno trovato dei valori che vanno più o meno bene per tutti i diffusori, tali da garantire sufficiente margine di fase all'amplificatore.

Più tardi posto qualche risultato, se riesco a mostrare chiaramente l'azione di queste reti.

Ciao!
Giaime Ugliano
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Messaggio da Giaime »

Lo schema preso in analisi:

Immagine
E' un semplice schemino semplificato, non completo e non testato, messo su in poco tempo prendendo spunto da uno schema trovato sul sito di D.Self. Occhio che molti schemi che pubblica nel sito sono sbagliati... vanno verificati prima, non so perchè ma a me sembra che lui stesso faccia azione di sabotaggio, per promuovere l'attenzione e l'accortezza nel design: infatti gli errori di solito sono estremamente visibili a chi abbia un minimo di esperienza...

(non ci si faccia fregare dall'amplificatore operazionale in basso nello schema, è solo un servo DC, ai fini della nostra analisi è come se non ci fosse: alla fin fine avrei potuto benissimo usare un opamp per simulare un amplificatore retroazionato sensibile al carico, ma gli ordini di grandezza delle questioni sarebbero stati non confrontabili col caso amplificatori audio di potenza che interessa a noi).

E' un amplificatore retroazionato, con lo stadio d'uscita incluso nel loop di nfb (infatti il punto di prelievo del segnale di nfb è l'uscita stessa). Come ho già scritto, solo gli amplificatori che prelevano il segnale di nfb dal carico stesso possono soffrire in modo forte degli effetti reattivi di quest'ultimo, e quindi necessitano delle reti all'uscita di cui parliamo in questo topic.

Il suo diagramma di Bode, ad anello chiuso (ossia con la retroazione attiva, insomma così come dovrebbe funzionare nell'uso comune) è fatto così:

Immagine

Il plot superiore è quello del modulo del guadagno, sotto è rappresentato invece il plot della fase del guadagno (V(out)/V(in)).
Questo, così com'è, è un amplificatore con un sufficiente margine di fase, ovverosia una buona "distanza" dalla condizione di oscillazione (condizione pericolosa!). Ciò si vede già ad occhio guardando il plot del modulo, che, appena prima della sua curvatura verso il basso, non ha alcun "picco", nessun improvviso innalzamento del guadagno in prossimità del decadimento dello stesso. L'amplificatore è quindi, sul carico resistivo da 8ohm da me preso in considerazione, perfettamente stabile.

(è una simulazione, eh! Non è il circuito reale, il quale potrebbe anche non essere perfetto così come appare da SPICE...)

Questo è ciò che succede applicando un condensatore da 100nF in parallelo alla resistenza di carico da 8ohm:
Immagine

e che cos'è adesso quella schifezza che è apparsa sul plot del modulo del guadagno?? L'occhio esperto del progettista vedrebbe già la pericolosa condizione di instabilità, poichè quel tipo di picco è sintomo della presenza di un polo doppio poco smorzato, un termine trinomio del tipo s^2 + 2(omegan * psi)s + omegan^2 nel denominatore della funzione di trasferimento complessiva (dove omegan pulsazione naturale del polo doppio, e psi smorzamento dello stesso: in questo caso lo smorzamento è troppo basso, ecco perchè il picco! E' come lo smorzamento meccanico, un woofer con smorzamento troppo basso "fa le code" sul basso, ossia oscilla ad una propria frequenza di risonanza, a seguito dei transienti applicati ai suoi morsetti, anzichè seguirli fedelmente).

Questo succede perchè il margine di fase non è sufficiente: come ho già scritto nel precedente post, un amplificatore retroazionato è stabile finchè non esiste una frequenza alla quale la fase del suo guadagno sia -180°, e il modulo del guadagno sia maggiore di 1. Ed è tanto più stabile, ossia è tanto più affidabile nella sua condizione di equilibrio, tanto più è alto il margine di fase: questo è la differenza che c'è tra i -180° e la fase del guadagno alla frequenza per la quale il modulo del guadagno è 1 (0dB).

Forse qualche link è chiarificatore:
http://www.facstaff.bucknell.edu/mastas ... uist4.html (in fondo alla pagina)
http://en.wikipedia.org/wiki/Phase_margin
http://www.engin.umich.edu/group/ctm/freq/freq.html

Ritornando a noi, insomma, possiamo dire che anche questo piccolo carico capacitivo ha messo a serio rischio la stabilità del nostro amplificatore. Capacità che è facile trovare ad es. nei diffusori elettrostatici, in cavi esoterici (che NON vanno usati ma l'audiofilo prima o poi li attaccherà all'ampli in questione, è impossibile costruire un ampli a prova di stupid... pardon, audiofili).

Nota: perchè i valvolari non hanno questi problemi. Infatti nei valvolari non ho praticamente mai visto una rete di Zobel, nè l'induttanza in serie all'uscita. Questo perchè i valvolari tipicamente hanno guadagni molto bassi e fattori di retroazione molto limitati, a causa dello scarso guadagno dei dispositivi e della presenza, quando c'è, del TU, che limita con le sue componenti parassite, la possibilità di usare tanta nfb (perchè gli elementi di carico reattivo, che noi vorremmo isolare dall'amplificatore, sono già contenuti a monte, ossia nel TU!!!).

Come curiamo il problema della stabilità su carico capacitivo? Con l'induttore in serie all'uscita!
Ecco il plot di Bode, dopo aver aggiunto l'apposito induttore (il condensatore in parallelo al carico è rimasto fisso, 100nF):
Immagine

Come si vede il picco nel plot del modulo è totalmente assente ora. La controindicazione è che il guadagno a 20kHz è sotto di 0.3dB al guadagno alle basse frequenze (è udibile? Boh!), e la situazione peggiorerà ancora di più su un carico di 4ohm.
Comunque il valore dell'induttanza lo si può adattare alla situazione, valori così alti sono a prova di bomba.

EDIT del giorno dopo: lo schemino aveva un errore, immagine aggiornata

(continua)

Ciao!
Giaime Ugliano
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Messaggio da Giaime »

Perchè un amplificatore audio è sensibile al carico?

L'amplificatore audio perfetto (definizione abbastanza textbook: non è ciò che penso, nè ciò che andrebbe fatto, ma se iniziamo a discuterne non finiamo più :D ) dovrebbe essere l'amplificatore di tensione ideale, impedenza d'uscita nulla quindi damping factor infinito.

Essendo un dispositivo che impone una tensione ai morsetti d'uscita, se ne frega della corrente che deve erogare per imporre questa tensione.

Invece un amplificatore reale, come quello dello schema nel post precedente, ha un'impedenza d'uscita finita: in questo modo gli effetti del carico, sebbene minimizzati, non possono essere del tutto esclusi!

Ma non solo: l'impedenza d'uscita, alle frequenze alle quali accadono i fenomeni di cui ci interessiamo (quel picco, nel plot di Bode del post precedente, è già nella zona dei megahertz...) è totalmente diversa da quella alle basse frequenze, anzi, è elevatissima!

Questo perchè in un amplificatore retroazionato con impedenza d'uscita "intrinseca" (ad anello aperto, cioè: senza nfb in pratica) non nulla, l'impedenza d'uscita ad anello chiuso è inversamente proporzionale al guadagno ad anello aperto (senza nfb) dell'amplificatore.
Siccome a quelle altissime frequenze il guadagno dell'amplificatore sta crollando, si può vedere che l'impedenza d'uscita ad anello aperto e quella ad anello chiuso praticamente coincidono, e questo causa la pericolosa interazione col carico.

Ritornando a noi, vediamo perchè fa comodo la rete di Zobel (l'RC verso massa): in presenza di un carico resistivo - induttivo tipico, la bobina di un altoparlante (R 6ohm, L 1mH), possono accadere fenomeni poco simpatici.

E' facile capire come un carico parzialmente capacitivo possa peggiorare il margine di fase, aggiungendo ulteriore ritardo di fase, è meno intuitivo capire l'effetto del carico parzialmente induttivo, poichè "intuitivamente" uno sarebbe portato a pensare che questo possa addirittura aiutare il margine di fase!

Fatto sta che invece la presenza di un carico induttivo può provocare instabilità locali nello stadio d'uscita, mentre non ha grosso effetto sulla stabilità globale e sul margine di fase. Bisogna ricordare che tutti i comuni stadi d'uscita per amplificatori a stato solido (inseguitore di emettitore/source complementare, uscita quasi-complementare, CFP-Szilaki) sono dei piccoli sistemi retroazionati localmente, quindi a loro volta nel loro piccolo soffrono degli stessi problemi di stabilità del loop globale di retroazione che interessa l'intero amplificatore.

Non solo: ma la cosa più ovvia che fa la rete di Zobel, spesso persa di vista (mi pare che Self si dimentichi di menzionarla 8) ) è che garantisce un carico all'amplificatore anche in assenza di un diffusore collegato! E questo è importante per garantire la stabilità globale ; )

Alla fine dei conti, la nostra rete sull'uscita è simile a questa:
Immagine
(la R da 10mR in serie all'induttore serve per simulare la resistenza del filo di rame usato per l'avvolgimento!)

Se ci sono errori, puntualizzazioni da fare, o semplicemente dubbi, sono qua :D

PS a chi serviva uno schemino semplice di finalino in classe B, a bjt, quello dell'esempio qui preso in considerazione non è malaccio... 8)

Ciao!
Giaime Ugliano
Giaime Ugliano
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