Parte prima: cosa cucino oggi per le mie orecchie?

Progetti, domande e idee sparse sull'autocostruzione delle elettroniche
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Bene, finalmente ho capito dove ti sei perso. Andiamo avanti.
1. dove è la reazione tensione parallelo (negli esempi che citi)
Tra base e collettore del VAS (facciamo finta che si tratti di un solo transistor per non star ad attorcigliare troppe parole). Ovvero tra uscita e ingresso dello stesso; più retroazione in parallelo di questa non saprei proprio dove trovarla!
2. che riduzione e stabilizzazione di gain svolge il Cdom (quando presente), nelle bande di frequenza audio.
Fissa il massimo guadagno possibile a ciascuna frequenza. Già il fatto che trasforma un banale emettitore comune in un integratore avrebbe dovuto farti venire qualche sospetto. Di più: questa posizione del CDOM (che trasforma il circuito in un integratore *attivo* anziché passivo come lo sarebbe se posto semplicemente sull'ingresso o sull'uscita del VAS) è a, quel che ne so, l'unica che consenta di utilizzare capacità di valore non mastodontico (almeno per gli standard dei circuiti integrati ed è per questo che è sfruttatissima negli operazionali monolitici).
3. di quanto un Cdom riduca la impedenza dello stadio in banda audio.
Diminuisce al salire della frequenza. Forse qui ti sfugge una cosa importante: il CDOM connesso in qusto modo (cioè come integratore attivo) funziona e riduce il guadagno anche se il VAS è caricato da un generatore di corrente ideale (cioè lavora su una impedenza infinita).
Ora, visto che il guadagno di questo VAS è dato sempre dal prodotto della sua trasconduttanza per l'impedenza di carico su cui lavora, che cosa gli impedisce, secondo te, di avere un guadagno infinito? Il guadagno decade con la frequenza, anche in assenza di carico, sempre allo stesso modo. E' solo a bassa o bassissima frequenza che le cose di fanno più "sporche" perché la sua impedenza si innalza al punto da rendere trascurabile la sua influenza sulle altre componenti (in particolare la resistenza equivalente creata dalla Icbo del VAS), altrimenti, in assenza di carico, il VAS tenderebbe (idealmente) a un guadagno infinito con l'approssimarsi alla corrente continua (cioè alla condizione di circuito aperto di un condensatore... e quindi di completa assenza di retroazione locale).
4. Il significato di frequenza di taglio in un circuito "integratore limitato alle basse frequenze" (tale diventa il VAS con Cdom), e cosa succede a monte ed a valle di tale Ft
In un integratore *ideale* non esiste alcuna frequenza di taglio, mi sembra ovvio. In un op-amp ha senso parlare di "frequenza di taglio" solo se viene applicata una retroazione generale a tutto il circuito, altrimenti non esiste nessuna frequenza di taglio ma soltanto un guadagno decrescente con la frequenza (la spiegazione è x gli altri, non per te che le sai già.).
5. in base a che principio uno common emitter stage deve necessitare di Cdom o reazione di tensione parallelo per funzionare o semplicemente per definirne il gain in tensione.
Ecco dove veramente ti sei perso: uno stadio a emettitore comune non "necessita" di un bel nulla. Solo che *nel tipo di VAS che ho portato ad esempio* (quello del 4558 come di una marea di altri operazionali) le cose *funzionano così perché i progettisti hanno deciso che quello era il compromesso ottimale* (e lo è sotto tantissimi punti di vista - di fatto, per un operazionale monollitico non c'è quasi altra strada per massimizzare le prestazioni - da operazionale - impiegando il minimo di risorse; area di silicio soprattutto). Fosse stato un altro tipo di circuito si sarebbero posti problemi diversi, tutto qui.

Non c'è nessun "principio" da seguire obbligatoriamente, tantomeno se i circuiti vengono realizzati a discreti: semplicemente, nel caso usato come esempio, si sono fatte delle precise scelte che, come tutte le scelte, hanno delle conseguenze. Se un operazionale lo devi usare come operazionale e basta tali conseguenze possono essere trascurate (in realtà esistono diversi tipi di operazionali specializzati che "trascurano" *scientemente* l'ottimizzazione di alcuni parametri per favorirne altri). In un circuito audio che, nel suo funzionamento, copre tre decadi e rotti di frequenza, ciò che era ottimale per un uso "industriale" degli operazionali può non esserlo più per uso audio... E sto cercando semplicemente di spiegare quelli che a mio avviso sono i *perché* di questa situazione.

Spero di essere riuscito a chiarirti come vedo le cose perché, anche se a te non sembra, stiamo parlando della *stessa cosa* da due punti di vista che sono giusto a un passo l'una dall'altra, non agli antipodi come magari credi.
Questo al di là del voler fare polemiche sui "rigori" che, sinceramente, lascerei ad ambiti in cui questo tipo di beccate hanno senso. Del resto, nel caso il fare il "polemista" fosse una tua esigenza più o meno insopprimibile, la soluzione la conosci già ed è semplicissima: non ti vanno bene le spiegazioni degli altri? Benissimo! Datti da fare a stenderne una tu! Che sia coomprensibile al maggior numero di persone - Il che significa: non c'è più nulla di ovvio e non puoi dare per scontato più nulla, neppure l'acqua calda. E significa anche: bibliografia ridotta al minimo indispensabile. Di testi che rimandano alle parole e ai testi di qualcun altro in continuazione credo che ce ne siano già fin troppi.

Provaci, poi ne riparliamo.

Ciao
Piercarlo
mauropenasa
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Messaggio da mauropenasa »

Diminuisce al salire della frequenza. Forse qui ti sfugge una cosa importante: il CDOM connesso in qusto modo (cioè come integratore attivo) funziona e riduce il guadagno anche se il VAS è caricato da un generatore di corrente ideale (cioè lavora su una impedenza infinita).
Ora, visto che il guadagno di questo VAS è dato sempre dal prodotto della sua trasconduttanza per l'impedenza di carico su cui lavora, che cosa gli impedisce, secondo te, di avere un guadagno infinito?
Sciocchezze (a proposito di cose che sfuggono).
Cosa fa stabilire a te che esista un carico infinito per il gm del VAS ?
Si dal il caso che di infinito non ci sia proprio nulla, in quel opamp.

Il gain complessivo è dato dal rapporto di guadagno dei 2 stadi interconnessi:

G1*G2

G1= gm1 * Zinvas

(gm1= transconduttanza dello stadio differenziale e Zinvas = impedenza di ingresso del VAS)

Zinvas= B*R
(B= beta primo transistor del VAS e R resistenza di emettitore di quel componente)

Ne consegue che il G1 è controllabile agevolmente da R, oltre che da un beta finito del bjt usato e dalle resistenze di carico del differenziale.

G2 si calcola in modo uguale, ossia:

gm2*Zload

(gm2= transconduttanza stadio ad emettitore comune VAS, Zload impedenza di carico dello stadio successivo in parallelo a quella del generatore di corrente, oltre ad altre perdite residue di struttura interna).

Lo stadio successivo avrà una sua impedenza intrinseca, condizionato dal gain di corrente dell' inseguitore e dalla corrente di polarizzazione statica di quello stadio.

Risultante:

G1*G2 avrà sempre un valore finito che corrisponde esattamente al gain open loop in DC che corrisponde nel tuo caso a circa 100dB.
Questo guadagno è finito compiuto per un range di frequenze abbastanza ampio. Questo vale a prescindere dal applicare un reazione locale o meno nel VAS. Essa può incidere sul gain esattamente come incidono i gm interstadio e le impedenze di carico, e sta al progettista decidere come e dove agire.

Questione Cdom:
Te lo spiego una volta per tutte cosi te ne fai una ragione.
Stabilito il gain in DC del opamp (che per inciso si chiama "Glf o low frequency gain), con il metodo di cui sopra,
si va a stabilire il Ghf (high frequency), in base al rispetto delle condizioni di stabilità rilevabili da nyquist o bode, ossia l' analisi dei poli e zeri presenti nel circuito, che una volta chiuso ad anello (di reazione globale) danno luogo ad un ritardo di gruppo complessivo, ossia tendenza all'oscillazione del sistema.
Non mi dilungo su come si analizzano le coniugazioni complesse ne come si generano (io non sono pratico di elettronica). Mi limito a dire che per rispettare la stabilità si deve stare lontani da rotazioni di fase (ingresso ed uscita) di 180gradi fintanto che esite ancora margine di gain. In pratica si tende ad inserire un polo dominante nel sistema, per determinare un decadimento adeguato di gain versus frequenza e garantire di conseguenza un margine di fase e di guadagno adeguato.
Si determina una banda passante massima a guadagno unitario che il circuito può sostenere, in base alla analisi dei poli naturali presenti (ossia alle caratteristiche del circuito).
Stabilito questo punto, si calcola il punto di Ft a cui andrà posto il polo dominante, sapendo che tra Fbw (frequenza a guadagno unitario massima) ed Ft ci sarà un andamento definito da -20dB decade (nel caso di polo dominante singolo) o da curve più o meno ripide in caso di poli dominanti di ordine superiore.
Viene da se che se il circuito ha un elevato gain di base, il polo dominante si assesterà a bassa frequenza mentre se il gain è limitato il polo dominante può benissimo finire ben oltre la banda audio.
Nel caso specifico, con 100dB di DC gain, (e circuito primitivo con poli naturali a frequenze non elevate, che limitano il massimo Bw del sistema), è ovvia che il Cdom cominci a reazionare il tutto a bassissima frequenza, ma questo non ha nulla a che vedere con il principio di funzionamento del circuito. In audio, ad esempio, nessuno genera un gain DC superiore a 50-70dB, che corrisponde quindi a poli dominanti tranquillamente oltre i 10Khz, mediamente.
Da 0 a 10Khz, in questi casi, l' amplificatore segue le regole del comportamento DC, ed il cdom si considera "ignorabile".

Veniamo a come si definisce fisicamente il Cdom in quel circuito:

Stabilito il punto Ft del polo dominante, in questo caso si è deciso di generare una integrale (-20dBdecade di gain) direttamente sul VAS.

L' andamento (guadagno versus frequenza ) è di circa:

G= gm1/(2*pi*F*Cdom)

A quello bravi estrarsi il valore di Cdom per una F uguale a quella massima stabilita a guadagno unitario...

Se vogliamo, lo stadio integratore che si genera potrebbe essere pure ideale, ma per esserlo il VAS (e lo stadio precedente) dovrebbero disporre di un gain infinito.
Avendo stabilito che questo invece è sempre finito, l' integratore, a frequenze inferiori a Ft (ossia quando la ZCdom non domina più il gioco di impedenze di reazione) si stabilizzerà su un gain uguale a quello in DC.
Questo comportamento, caro il nostro Piercarlo, si chiama "integratore limitato alle basse frequenze", ha un Ft definibile, ed è contemplato dai libri di testo delle ITI in su.....

Che poi il gain vari con i beta del componente, termicamente o altro, è un concetto diverso. Qui si ragiona ad open loop e di 100dB di gain, quindi questi elementi sono irrisori (il data sheet dichiara variazioni tra 86 e 100dB fin dal inizio.)

Ora, che Cdom sia determinante nel funzionamento di quello stadio è una sciocchezza. Di determinante esiste solo il rispetto della stabilità, rispetto che si può ottenere in mille altri modi.
Come abbiamo visto, esistono anche opamp con gain open loop flat fino ad oltre 10Khz, ovviamente dotati di minore OLgain, determinato usando impedenze interne diverse e diversi gm locali.
Esistono pure opamp integrati che usano tecniche di Cdom in posizioni diverse, se è per questo.

Non si dica che diciamo la stessa cosa. Non è vero. Le cose o si espongono per quel che sono, nella giusta sequenza di calcolo, oppure non si capiscono.
Cosi come esiste un preciso elemento temporale tra l'erogazione di una tensione ed un flusso di corrente, per piccolo che sia, cosi esiste una sequenza di progettazione.
Prima si determina il gain in DC ed a bassa frequenza, la banda passante ecc... poi si analizzano i poli naturali della risultante, poi si determina un Cdom e dove metterlo.
Questo è il metodo, il resto sono pure ilazioni tue nate non so da che tipo di esperienze....

ciao



Mauro
http://www.webalice.it/mauro.penasa/index.html
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riccardo
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Messaggio da riccardo »

Ragazzi..
Questo 3d sta appassionando tutti, oltre che voi!
E di questo non ve ne scordate, in quanto, cari signori, tutti noi vogliamo che prosegua e che sia ricca come questo scampolo di discussione tecnica (questo è: UNA DISCUSSIONE TECNICA) ancorchè molto chiara, ci sta dimostrando.
NOn vi meravigliate, quindi, se vi invito a tenere la vena e l'accaloramento polemico un pelo sotto all'attuale.
In fin dei conti, cari miei, a questi livelli, inediti ovunque tranne che sul nostro forum, si discute da amici, ormai, e non da rivali.
Abbiamo tutti da imparare, quindi, capitemi.



Saluti

R.R.
Riccardo
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Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Sciocchezze (a proposito di cose che sfuggono).
Cosa fa stabilire a te che esista un carico infinito per il gm del VAS ?
Si dal il caso che di infinito non ci sia proprio nulla, in quel opamp.
Dipende da cosa sfugge. Io ti ho detto che *se* il guadagno di quel VAS fosse infinito (perché caricato da una impedenza infinita, pur avendo una transconduttanza *finita*), la CDOM lo limiterebbe *comunque* a un valore finito. *E* lo limita a un valore finito (e, importante *più definito e preciso* del guadagno massimo in corrente continua del circuito che può variare per una miriade di ragioni visto che i bipolari, gm a parte - che comunque dipende dalla temperatura - non hanno fama di garantire un granché in termini di "certezza dei loro parametri interni), *in questo circuito* anche grazie alla retroazione tra ingresso e uscita del VAS stabilita dalla CDOM stessa.
Che poi la CDOM la si possa implementare in altro modo non ci piove. Ma non ci piove neppure che qui *non fa solo* la CDOM ma anche da anello di retroazione locale (vedi dopo a proposito degli effetti *benefici* di questa retroazione locale sui poli secondari che seguono il VAS nel circuito e che semplicemente *non* ci sono con altri sistemi d di implementare la CDOM).

Che poi non siano fisicamente possibili degli infiniti in quel circuito... bhe, ne avevo almeno il sospetto! :)

Per il resto grazie della lezioncina, utile quanto vuoi, ma che ancora una volta aggira la mia domanda: c'è o non c'è una retroazione *in quel circuito*? Se non c'è mi dovresti spiegare allora perché non si collega *esattamente* lo stesso condensatore di CDOM verso massa anziché sull'ingresso, levandosi dai piedi almeno una parte del problema dello slew rate (svincolandolo almeno dalla dipendenza dalla trasconduttanza del primo stadio)?
Giusto per dirla tutta, in quel circuito la CDOM *deve* fare parte di una qualche rete di retroazione che *ne moltiplichi il valore*, altrimenti il condensatore diviene di dimensioni fisicamente non più integrabili in un monolitico (a meno che non vuoi fare un VAS con una transconduttanza ridicola con annessi e connessi un bel po' di problemi evitabilissimi). Se non vi fosse questo effetto moltiplicatore penso che *qualunque* progettista si sarebbe risparmiato di collegarlo in quel modo visti i problemi che comporta sul fronte dello slew-rate.
Nota inoltre che, se la CDOM non introducesse una forma di retroazione tra ingresso e uscita *non* avresti la neutralizzazione di poli secondari che, proprio grazie alla presenza di una retroazione che abbassa l'impedenza dello stadio che va a collegarsi in parallelo, vengono spostati in frequenza *verso l'alto* (al di fuori di ogni possibilità di guadagno utile del circuito) e non verso il basso come si avrebbe se la CDOM si comportasse come un condensatore qualunque in parallelo sull'uscita.

In realtà la CDOM usata in quel modo, cioè *anche* come elemento di retroazione locale comporta, a fronte di un unico serio svantaggio - la dipendenza dello slew rate dalla transconduttanza del primo stadio anziché dalla capacità di erogare corrente da parte del VAS, come sarebbe se *non vi fosse* retroazione - vantaggi pratici che gli altri sistemi più "passivi" semplicemente si sognano: non solo in questo modo il polo dominante può essere implementato con condensatori più piccoli e integrabili, ma l'esistenza della retroazione locale che abbassa l'impedenza di uscita del VAS *spazza via* l'influenza di tutti i possibili poli secondari che vengono *cortocirtuitati a massa* al crescere della frequenza, al punto che le loro frequenze tipiche, normalmente intorno al megahertz, vengono "sparate" verso l'alto a parecchie decine di megahertz, togliendoli di fatto dalla circolazione.

Per metterla ancora più in chiaro: i poli secondari vengono alzati in frequenza perché il VAS, da generatore di corrente si trasforma al crescere della frequenza in un generatore di tensione. Se ora mi dici come avviene questo senza l'intervento della retroazione della CDOM stessa bhe, mi fai solo un piacere perché io proprio non ci arrivo.

Comunque penso che spiegazioni migliori si possano trovare a questo link:

http://www.national.com/an/AN/AN-A.pdf

Che è il tutorial ormai storico (e di altissima qualità) di Solomon sugli amplificatori operazionali.

Solo una ultima nota:
Da 0 a 10Khz, in questi casi, l' amplificatore segue le regole del comportamento DC, ed il cdom si considera "ignorabile".
Ignorabile se si riduce il guadagno disponibile di tutto il circuito in modo da potersi permettere una frequenza di taglio così alta. Altrimenti, ad andar di lusso, si comincia a tagliare intorno al kHz o anche meno.

Per il resto sul tipo di esperienze, illazioni ecc... va bhe, se vuoi darmi dell'asino sei liberissimo di farlo. Per quel che mi riguarda sono sufficientemente sicuro del fatto mio da potermene fregare! :D

Ciao
Piercarlo

PS - A parte il voler far polemica, sulla faccenda retroazione locale, stavolta Mauro ha scritto qualcosa di utile, almeno come ripasso. Ci tornerà utile più avanti.
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Passando oltre le polemiche, ritorniamo al nostro discorso VAS e soprattutto alla faccenda retroazione locale su di esso. L'esistenza di questa ha un ruolo non di poco conto sulla timbrica degli amplificatori in quanto, abbassando la sua impedenza di uscita, ne aumenta l'indipendenza dalle vicende del carico (riflesso sul VAS dal guadagno in corrente dello stadio di uscita) trasformandolo da generatore di corrente a generatore di tensione.

Se questa trasformazione avvenisse non attraverso la retroazione della CDOM (che riduce la riserva di guadagno ad anello aperto disponibile per la controreazione ma con un altro meccanismo indipendente dalla frequenza avremmo compiuto un bel passo avanti, se non nel miglorare la timbrica almeno nel renderla costante su tutta la banda audio.

Il mezzo più semplice ed economico per attuare questo passaggio è sostituire la CDOM di compensazione con una rete RC (come è stato fatto nell'abbozzo di schema del P-AMP proposto da Piergiorgio) che sposti l'inizio dell lavoro di compensazione della CDOM al di fuori della banda audio. Il mezzo è semplice ma le conseguenze negative per la riserva di guadagno da destinare alla controreazione, che si riduce drasticamente, sono piuttosto pesanti, rendendo l'espediente poco raccomandabile se si vogliono mantenere le prestazioni dell'intero amplificatore a un buon livello qualitativo.

Di fatto questa soluzione può essere adottata solo se si decide di utilizzare un'alimentazione stabilizzata (o comunque ben filtrata, come ha giustamente fatto Piergiorgio nel suo P-AMP) e, possibilmente, se si fa funzionare l'amplifcatore in classe A, in modo da eliminare la distorsione d'incrocio che, senza tassi di retroazione consistenti, non è contrastabile in maniera efficace.

Questo se si vuole mantenere uno schema ridotto all'osso come quello del P-AMP. Se invece ci si permette di largheggiare un po' nell'uso dei transistori (che, se non si scelgono componenti inutilmente esotici e costosi, hanno quasi sempre un costo infimo rispetto ai vantaggi che può portare un loro uso più esteso e allo stesso tempo specializzato).

In ogni caso il VAS, comunque lo si realizzi, rimane sempre il vero "cuore" di un finale a stato solido realizzato secondo gli schemi di Lin o suoi derivati. A tutti gli effetti è, per la produzione della tensione di uscita, il *vero* finale che, con la sua qualità, determina la qualità audio dell'intero amplificatore. Lo stadio di uscita/buffer di corrente, nonostante i suoi problemi è, distorsione di incrocio a parte, abbastanza "addomesticabile" purché venga "tenuto al guinzaglio" tenendo conto della sua, per così dire, "personalità elettronica".
La sua sottovalutazione o il cullarsi troppo comodamente sull'assunto che la controreazione possa "aggiustare tutto" può trasformare qualunque stadio finale, anche il più "mansueto" in una specie di rotweller audio che, non appena gli si chieda di erogare correnti un po' sostenute, fa scempio di qualsiasi raffinatezza riposta nel progetto degli stadi di segnale precedenti ad esso.

Ci torneremo sopra più avanti.

Ciao
Piercarlo
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Messaggio da Luc1gnol0 »

Per quel che mi riguarda sono sufficientemente sicuro del fatto mio da potermene fregare
Originariamente inviato da Piercarlo - 06/12/2006 : 23:39:57
E' il secondo e l'ultimo intervento di questo tenore che faccio, e mi scuso preventivamente, di parlarne ancora.

Per quanto "interessante", almeno per qualcuno, la dialettica tra Mauro e Piercarlo (in ordine alfabetico) ha aggiunto un bel po' di rumore di fondo al 3d: di per sé "grandezza coniugata e complessa", tale rumore non si riduce elimandone né la componente "reale", nè quella "immaginaria", tantomeno *ambedue*. Io credo che il "segnale" vada preservato sempre: a beneficio sia di chi abbia buona volontà e capacità (e mi pare ce ne siano in ascolto), sia di chi ha solo un po' di curiosità ed una minore abilità (uno a caso...). Altrimenti tutto va a finire in un chiassoso "caravanserraglio", come in ogni aspetto della vita sociale: ed è per me chiaramente un *male*.

Non avendo nulla da dire IT, do almeno un piccolo buon esempio: silenzio le uscite. E come direbbero Crash&Eddie (Vex&Arg): mi metto a massa e mi rilasso.

--- --- ---
Ciao, Luca

P.S.: OH! (&copy by gluca) *Nessuno* (cum grano salis) che abbia in maniera calma e bonaria prodotto uno straccio di calcoletto a ns. uso e consumo, tipo: "...il condensatore ha una impedenza vs. frequenza di x, il carico dello stadio ne ha una di y, la risultante è pertanto z, con una impedenza di 1/n volte minore, ecc...."
--- --- ---
Ciao, Luca

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Messaggio da Piercarlo »

Non vi meravigliate, quindi, se vi invito a tenere la vena e l'accaloramento polemico un pelo sotto all'attuale.
Dico solo questo: il fatto che ci sia un certo "accaloramento" significa almeno che quello che scrivo qualcuno se lo legge! :D . Io, pur non concordando con il punto di vista di Mauro, lo rispetto perché è comunque frutto di studio. L'errore in cui spesso incorrono le persone che hanno studiato molto è quello di credere... che le cose si possano studiare in un solo modo e che non possano esistere altri modi di vedere le cose.

Ma è un errore che capisco perfettamente: studiare costa tempo, energie e anche soldi e, costituendo un vero e proprio *investimento* non mi stupisce che la gente, per difenderlo, arrivi anche ad arrabbiarsi. D'altra parte, se sono arrivato a posizioni e idee che possono sembrare in contrasto con un qualche tipo di "ortodossia" non ci posso fare niente: giuste o sbagliate sono frutto della mia esperienza e, se devo buttare a mare qualcosa, comincio da qualcos'altro.
Queste cose non le ho imparate in un giorno e neppure in un anno. Ci ho messo *molto* di più e prima di accettare un verdetto del tipo "è tutto da buttare" voglio avere in cambio motivazioni molto più sostanziose di quelle di Mauro. Non fosse che per il fatto che, dopotutto, le mie "devianze elettroniche", quando le ho poste in essere, hanno funzionato senza problemi. E gli elettroni, solitamente, ci mettono molto poco a "smentire" un'idea sbagliata nei loro confronti: bruciano tutto senza tanti complimenti - e senza diritto di replica purtroppo.

Ciao
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Per quanto "interessante", almeno per qualcuno, la dialettica tra Mauro e Piercarlo (in ordine alfabetico) ha aggiunto un bel po' di rumore di fondo al 3d: di per sé "grandezza coniugata e complessa", tale rumore non si riduce elimandone né la componente "reale", nè quella "immaginaria", tantomeno *ambedue*. Io credo che il "segnale" vada preservato sempre: a beneficio sia di chi abbia buona volontà e capacità (e mi pare ce ne siano in ascolto), sia di chi ha solo un po' di curiosità ed una minore abilità (uno a caso...). Altrimenti tutto va a finire in un chiassoso "caravanserraglio", come in ogni aspetto della vita sociale: ed è per me chiaramente un *male*.
Hai perfettamente ragione. Per quanto riguarda i "calcoletti" Mauro ha supplito qualcosa, forse un po' obtorto collo. Per quel che riguarda la polemica posso solo dire una cosa: è sta l'unico "feedback" che ho ricevuto e a questo ho dovuto rispondere. D'altra parte ho ormai capito che da essa non ne uscirà fuori niente e quindi la lascerò perdere: Mauro è sicuro del fatto suo, io altrettanto del fatto mio. Gli approcci ai problemi sono diversi e rimarranno prevedibilmente diversi.

Tornando a noi: ho bisogno di altro "feedback" per andare avanti. La gente che legge il thread non manca e sicuramente non mancano dubbi e domande al riguardo. Non sarebbe male che si cominciasse a esporli in modo da aggiustare la rotta (o il "tiro" :twisted: )

Ciao
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

...la dipendenza dello slew rate dalla transconduttanza del primo stadio anziché dalla capacità di erogare corrente da parte del VAS...
Devo perdere il vizio di scrivere a ore tarde, altrimenti scappano "cattedrali" come questa: lo slew rate dipende dalla *corrente* erogabile dal primo stadio, non dalla sua trasconduttanza.

Ciao
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

In questi giorni ho avuto un po' di problemi con il mio Mac e non ho potuto scrivere quanto avrei voluto. Ho solo avuto giusto il tempo di ripescare e riprendere un vecchio disegno che avevo fatto per studiare i circuiti equivalenti di un transistor bipolari. Lo posto perché serviranno per capire un po' di cose circa l'impiego di bipolari, le loro possibilità e i loro limiti.



Immagine Allegato: GiacolettoBJT.pdf ( 114363bytes )

Nel pdf sono rappresentate con i loro modelli equivalenti tre circuiti molto usati in elettronica analogica e quindi anche in audio, soprattutto nel caso, ormai sempre più minoritario, in cui si preferisce usare circuiti discreti al posto di quelli integrati. Minoritario per ottime ragioni visto che molti IC presenti sul mercato offrono soluzioni di ottima qualità, pronte all'uso e con tantissimi problemi già pre-risolti a monte dai progettististi degli integrati stessi.
Ci sarebbe anche un quarto circuito, la connessione a base comune, che però tirerò fuori solo quando e se si andrà a parlare di cascodi, che è praticamente l'unico caso in cui tale connessione viene impiegata in bassa frequenza.

In ogni caso il circuito equivalente della connessione a base comune, è molto simile a quelli degli altri tre - che sono stati disegnati apposta nel modo proposto proprio per evidendiare come, dal punto di vista "interno" del transistor, non esista alcuna connessione "speciale": lui funziona sempre allo stesso modo ed è solo il circuito in cui è impiegato che vede il suo "lavoro" in modo differente.

Inoltre, per indagare alcuni problemi, il circuito equivalente così disegnato ci servirà anche a discutere di situazioni in cui i transistori, pur funzionando lo stesso, dal punto di vista del circuito sono connessi in modi che, in effetti, non sono né carne né pesce e danno, volutamente o meno, risultati "ibridi". Tra questi i più esposti sono gli stadi differenziali e i cascodi.

Il circuito equivalente proposto (detto circuito di Giacoletto, che è italo-AMERICANO, non italiano, mi spiace...), con i dovuti cambi di nomeclatura e di regole con cui sono dimensionati i suoi componenti interni (compresa l'eventuale omissione), si può riproporre come struttura per studiare anche il comportamento di altri dispositivi attivi a tre elettrodi, tubi compresi.

Quale che sia la connessione con cui si preferisce interfacciare un transistor bipolare con il resto del circuito, il suo funzionamento è sempre lo stesso ed è dominato da gm, cioè un generatore di corrente controllato in tensione. Questo è non solo il "cuore attivo" dei bipolari ma è anche l'unico elemento dal comportamento sicuramente prevedibile e dipendente in maniera univoca da due soli parametri: la corrente che scorre nella giunzione base emettitore (praticamente coincidente con quella di collettore se il transistore lavora lontano dalla saturazione e da alte densità di corrente che scorrono nelle giunzioni) e la temperatura di lavoro di questa giunzione.

L'equazione che de definisce il valore della transconduttanza è la seguente:

gm = Ic*(kT/q)

dove

gm = transconduttanza in millimhos
Ic = corrente di collettore in milliampere

(kT/q) ha per i nostri conti le dimensioni finali di una "tensione equivalente" che rappresenta la velocità media di ciascun elettrone facente parte di un volume di "gas elettronico" che si trovi alla temperatura assoluta T (in gradi Kelvin, ovvero la temperatura normale + 273 e rotti) ed è valida fintanto che tale "gas" si comporta ragionevolmente da "gas perfetto" come inteso dalla fisica classica.
Tale ipotesi vale finché le densità di corrente che scorrono nel dispositivo non divengono molto elevate (come accade nei transistori di potenza); dopo di ché la sua validità viene meno meno poiché il "gas", a causa della mutua repulsione tra gli elettroni, comincia a comportarsi sempre più come "liquido" tanto più incomprimibile quanto più è elevata la densità di corrente stessa.

Comunque, fintanto che l'insieme di elettroni che costituiscono la corrente che scorre nel dispositivo si comporta più o meno da gas, la "tensione" che definisce l'energia e la velocità media di ciascun elettrone è pari a 86,14 microvolt per ogni grado di temperatura.

Di solito, per comodità di conti, si assume una temperatura ambiente "tonda" di 300 °K (corrispondenti a circa 27 gradi e rotti di temperatura ambiente), da cui consegue una tensione media di ciascun elettrone pari a circa 25,85 millivolt, che viene a sua volta arrotondata da 26 mV per comodità di conti. Questa comoda approssimazione è peraltro ampiamente giustificata dai fatti: supponendo una temperatura di lavoro tipica (e tranquilla) alla giunzione di un transistor di segnale di circa 75-80 °C - e ipotizzando una variazione di temperatura ambientale di 50 °C (che in una casa è veramente tantino...) - abbiamo che tale "tensione" varia tra i 28 e i 32 mV con centro a 30 mV. Siamo abbondantemente al di sotto del +/- 10%... come dire: non è un gran problema.

Il vero problema della gm sta nel fatto essa è *moltiplicata* per la corrente che scorre nel dispositivo il che fa sì che, fissata una corrente di riposo, abbiamo la gm che dipende direttamente dalle variazioni che il segnale impone a questa. E, se non si prendono provvedimenti mirati a contenere tale variazione di gm, il risultato dal punto di vista della linearità del circuito è semplicemente disastroso. Vedremo più avanti quali provvedimenti sono possibili (ce ne sono diversi) e quali sono i loro pro e i loro contro.

Gm, generatore di corrente controllato in tensione, è controllato dalla *variazione di Vbe* e non dal valore assoluto di questa. Vbe, però, è a sua volta legata alla variazione della corrente che scorre sulla giunzione B-E (precisamente le variazioni di Vbe sono proporzionali al logaritmo delle variazioni di Ie - e lo sono in modo a tal punto stabile che hanno fatto, dove serve, del transistor bipolare il "cuore" e il re indiscusso di ogni amplificatore logaritmico analogico. Questo è un gran bel pregio... ma non per noi perché contribuisce a generare altra distorsione.

Oltre a gm, nel circuito equivalente vi sono altri altri elementi di cui è importante comprendere il funzionamento e le loro non idealità ci comportamento. Esse sono la rete Rbc-Rbe (che definiscono, tra le altre cose, il beta del transistor) e Rce che, sotto le "innocue" spoglie di una resistenza, rappresenta il meno innocuo effetto Early.

Ci ritorneremo alla prossima botta.

Ciao
Piercarlo
Alieno
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Messaggio da Alieno »

inziavo a temere che il tutto si impantanasse, personalmente seguo con molto interesse... (unico feedback che posso dare al momento, visto che le cose mi sono al momento chiare, anche perchè molte le ho già incontrate in ambiti meno gradevoli! :x )

CIAO!

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Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

inziavo a temere che il tutto si impantanasse, personalmente seguo con molto interesse... (unico feedback che posso dare al momento, visto che le cose mi sono al momento chiare, anche perchè molte le ho già incontrate in ambiti meno gradevoli! :x )
Esami immagino... Bhe, anche scrivere lo è, anche se fortunatamente non ho scadenze. Per il momento l'idea che ho dello svolgimento è più o meno questa:

1) approfondire VAS e dintorni (soprattutto i transistori perché mi pare che sui transistori si diano oceani di cose per scontate quando poi, ogni volta che ci si mette dentro, è come pelare le cipolle: sono strati e strati di cose da far venire fuori... insomma un transistor-cipolla-matrioska!).

2) addentare la faccenda stadio di uscita anche perché, sotto molti aspetti è una continuazione del discorso transistori.

3) tornare a bomba e affrontare lo stadio di ingresso.

4) l'alimentazione

5) la retroazione con annessi e connessi

6) Cose "strane" tipo Mosfet usati come finali, ibridi, schemi "anomali" (almeno quelli che sono riuscito a capire).

7) Un progetto "secondo me" (o meglio un progetto modulare che prospetti varie combinazioni possibili di stadio di ingresso, VAS, stadio di uscita e alimentazione).su cui la gente possa discutere anche in base a tutto quello si è discusso prima. In pratica una specie di amplificatore "a menù" con primo, secondo, contorno e caffé...

8) Preamplificatori per i sopravvissuti, che prevedilmente sarà un discorso da sviluppare per conto suo.

L'idea è questa... poi vedremo cosa ne viene fuori. Tenuto conto che avrò i miei periodi di latitanza dovuti a lavoro, vita privata, rivoluzioni varie ed eventuali, penso che si andrà avanti per un bel po'. Almeno fino a Pasqua.

Ciao
Piercarlo.
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Messaggio da nebbioso »


OMISSIS OMISSIS OMISSIS OMISSIS

Nel pdf sono rappresentate con i loro modelli equivalenti tre circuiti molto usati in elettronica analogica e quindi anche in audio

OMISSIS OMISSIS OMISSIS OMISSIS
Forse e' meglio indicare la corrente di collettore come gm=Ic/DELTA_Vbe per evitare confusioni con la tensione (statica) di polarizzazione; d'altronde per definizione e' gm=dIc/dVbe. Inoltre, ma questa e' solo una mia personale opinione, presentare graficamente il modello ibrido a Pi-Greco di Giacoletto nella forma grafica, appunto, a "pigreco", ne facilita la “lettura”. Ripeto: IMHO.

OMISSIS OMISSIS OMISSIS OMISSIS

la corrente che scorre nella giunzione base emettitore (praticamente coincidente con quella di collettore se il transistore lavora lontano dalla saturazione e da alte densità di corrente che scorrono nelle giunzioni)

OMISSIS OMISSIS OMISSIS OMISSIS


Originariamente inviato da Piercarlo - 08/12/2006 :  21:41:09
Cioe' beta=0? Piccolo lapsus?
Forse volevi dire Ic~=Ie, giusto?

Inoltre vorrei suggerirti di cambiare l'impostazione data allo sviluppo del progetto (nei messaggi precedenti a quest'ultimo). A mio parere usare il circuito di un opamp di III generazione (circa 35 anni fa) come base di discussione per lo sviluppo di un amplificatore audio a discreti e' un poco come andare da Milano a Roma passando per Parigi.... . Questo per vari motivi:
lo specifico esempio e' relativo a soluzioni delle problematiche di un monolitico di segnale, problematiche che, come ben sai, sono pesantemente diverse da quelle di un circuito a discreti;
perche' questo progetto fu sviluppato in una tecnologia ormai lontana da quanto disponibile oggidi' anche per i circuiti consumer,
e ,last but not least, perche' negli audio di potenza a discreti, la parte ancora “immatura” o comunque con soluzioni ancora migliorabili sotto il profilo della linearita' e' quella dello stadio d'uscita.
A mio -personalissimo- parere un approccio “right-left” sarebbe piu' proficuo.

Ciao.

Antonino

PERCHE' QUESTO DANNATO EDITOR MI FA VEDERE I CARATTERI SPECIALI (LETTER GRECHE, AD ES.) NELL'ANTEPRIMA E SE LI MANGIA NELLA VERSIONE IN LINEA??
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Forse e' meglio indicare la corrente di collettore come gm=Ic*DELTA_Vbe per evitare confusioni con la tensione (statica) di polarizzazione; d'altronde per definizione e' gm=dIc/dVbe. Inoltre, ma questa e' solo una mia personale opinione, presentare graficamente il modello ibrido a Pi-Greco di Giacoletto nella forma grafica, appunto, a "pigreco", ne facilita la “lettura”. Ripeto: IMHO.
Ci dovevo ancora arrivare! :-). Comunque lo scopo principale era quello di mostrare che gm, direttamente dipendente da Ic (che però è proprio statica per quel che mi risulta), pur bella e precisa (come poche altre cose nei dispositivi attivi purtroppo!) all'atto pratico produce risultati bellamente disastrosi. Sui disegni concordo: in effetti erano nati *per me* proprio per dare evidenza grafica al fatto che, quale che sia la connessione del transistor rispetto al mondo esterno, per il suo "mondo interno" non cambia nulla. Appena ho un'altra briciola di tempo ne produco una versione "pigreco" con affiancate le mie (e questa volta ci includo anche la base comune: fatto 30 tanto vale far 31), poi ognuno si terrà quella che gli piace di più!
la corrente che scorre nella giunzione base emettitore (praticamente coincidente con quella di collettore se il transistore lavora lontano dalla saturazione e da alte densità di corrente che scorrono nelle giunzioni)
Cioe' beta=0? Piccolo lapsus?
Piccolo??? aaaaagggghhh!!!! :oops:
Forse volevi dire Ic~=Ie, giusto?
Sì, esattamente!
Inoltre vorrei suggerirti di cambiare l'impostazione data allo sviluppo del progetto (nei messaggi precedenti a quest'ultimo). A mio parere usare il circuito di un opamp di III generazione (circa 35 anni fa) come base di discussione per lo sviluppo di un amplificatore audio a discreti e' un poco come andare da Milano a Roma passando per Parigi.... . Questo per vari motivi:
lo specifico esempio e' relativo a soluzioni delle problematiche di un monolitico di segnale, problematiche che, come ben sai, sono pesantemente diverse da quelle di un circuito a discreti;
Su questo non ci piove. Avevo preso però quel circuito come esempio di partenza (da qualche punto dovevo pur partire!) perché, all'epoca in cui fu elaborato, era, in versione discreta, decisamente migliore della maggior parte dei circuiti discreti allora in uso e, proprio per questo, è stata spesso trapiantata di sana pianta da un mondo all'altro divenendo diffusissima.
In secondo luogo l'ho scelta anche perché è la topologia di base che usa Self, il cui libro sui finali di potenza è, a quel che mi risulta, uno dei più diffusi tra gli autocostruttori. Tra l'altro prima o poi mi devo fare un poste-pay per ordinare via internet un libro sui finali di potenza ("High Power Amplifiers" di Sloone - se non canno il nome!) che mi è parso essere più aggiornato (anche se forse le soluzioni proposte non sono tanto a buon mercato ma pazienza).
perche' questo progetto fu sviluppato in una tecnologia ormai lontana da quanto disponibile oggidi' anche per i circuiti consumer e, last but not least, perche' negli audio di potenza a discreti, la parte ancora “immatura” o comunque con soluzioni ancora migliorabili sotto il profilo della linearita' e' quella dello stadio d'uscita.
E credo che continuerà a rimanere immatura per un po'. Secondo me, su questo fronte, l'uscita di dispositivi nuovi (mosfet) o di vecchi notevolmente migliorati (come i transistor della Sanken che garantiscono la tenuta del beta anche ad elevate correnti) se da un lato è stato un evento positivo, dall'altro però ha consentito di lasciare in sospeso i vecchi problemi - alcuni dei quali si sono ridimensionati ma di certo non sono scomparsi

Per quello che vedo io, al momento l'unica soluzione "pulita" è costruire dei "finali equivalenti" con dei veri e propri sottocircuiti che simulino, a furia di controreazione locale, dei "transistori ideali". Qualcosa del genere l'ha proposta commercialemente, mi pare, la QSC ma non credo che tali soluzioni siano proponibili all'autocostruzione.
A mio -personalissimo- parere un approccio “right-left” sarebbe piu' proficuo.
Prova a illustrare meglio cosa intendi per approccio "right-left": se è più chiaro di quello che sto adottando io (che è solo un mio approccio, non certo "l'approccio perfetto"!) non mi faccio alcun problema a seguirlo:

Ciao e grazie! :)
Piercarlo
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Messaggio da nebbioso »


Prova a illustrare meglio cosa intendi per approccio "right-left"


Originariamente inviato da Piercarlo - 09/12/2006 :  14:24:32
Era solo un gioco di parole (piuttosto stupido, a pensarci a posteriori...) sulla falsariga dell'approccio "top-down": poiche generalmente gli schemi si disegnano con gli ingressi a sinistra e le uscite a destra, e io proponevo (e propongo) di iniziare la discussione dallo stadio di uscita... . Ignora la battuta: l'eta' gioca brutti scherzi.

Comunque ribadisco la mia convinzione che, almeno a livello hobbistico, il tallone d'Achille dei finali a stato solido stia proprio a questo livello.
Non tanto per questioni di complessita' del circuito o di costi (almeno spero, visto che molti sono disposti a spendere centinaia di euro per i trasformatori di un finale valvolare da giradischi...), quanto per problemi di competenza (transistor gracchianti o die fusi alla prima accensione), strumentazione scarsa od inesistente (idem), irreperibillita'/indisponibilita' di componentistica sofisticata ( http://www.linear.com/pc/productDetail. ... 0,C3,P1163 ).

IMHO, come dico sempre: la scelta finale e' tua.
Buon lavoro!

Antonino

PS. Si, hai perfettamente ragione, la gm e' statica, ma quell'editor della carota si e' mangiato (anche) un ulteriore delta maiuscolo greco di cui non mi sono accorto, ovvero Gm=DELTA_Ic/DELTA_Vbe, dato che in alternata, a piccoli segnali, interessa ovviamente la varianza attorno al punto di lavoro. Ah l'eta'!
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Messaggio da Piercarlo »

Era solo un gioco di parole (piuttosto stupido, a pensarci a posteriori...) sulla falsariga dell'approccio "top-down": poiche generalmente gli schemi si disegnano con gli ingressi a sinistra e le uscite a destra, e io proponevo (e propongo) di iniziare la discussione dallo stadio di uscita... . Ignora la battuta: l'eta' gioca brutti scherzi.
Vuoi un po' della mia? :D Ormai ho pure io qualcosina da ridare indietro (45 sono 45!)
Comunque ribadisco la mia convinzione che, almeno a livello hobbistico, il tallone d'Achille dei finali a stato solido stia proprio a questo livello.
Non solo a livello hobbistico. Mi è capitato di vedere parecchie realizzazioni tutt'altro che hobbistiche che, su questo punto, giocano d'azzardo. Un azzardo calcolato ma sempre azzardo è.
Non tanto per questioni di complessita' del circuito o di costi (almeno spero, visto che molti sono disposti a spendere centinaia di euro per i trasformatori di un finale valvolare da giradischi...), quanto per problemi di competenza (transistor gracchianti o die fusi alla prima accensione), strumentazione scarsa od inesistente
In questo posso tranquillizzarti: i transistori che intendo utilizzare sono quelli che si trovano presso qualunque venditore *nostrano* di componenti. La cosa porrà dei limiti ma non si può avere tutto (ad esempio sulla potenza che però, imho, non lo vedo come un gran problema, soprattutto visto cosa si propone sul fronte valvolare a costi, dal mio punto di vista, semplicemente disumani).
Per quanto riguarda la strumentazione, sarà richiesto soltanto il tester e, volendo, una certa dose di apertura mentale nel suo uso. Per anni ho avuto solo tester, carta, penna e calcolatrice e me la sono cavata benissimo. Dopotutto dobbiamo costruire *solo* degli amplificatori per ascoltare musica, non ordigni da usarsi in un laboratorio di fisica nucleare. Insomma, come io ho fatto per anni le cose a "dimensione domestica", così proporrò agli altri di fare la stessa cosa.
IMHO, come dico sempre: la scelta finale e' tua.
Buon lavoro!

Antonino
Grazie, farò il possibile. Tra l'altro se tra chi legge c'è gente che si sente ben ferrata su alcuni aspetti *e* ha voglia di scrivere, non sarebbe malvagio che questi aggiungessero approfondimenti dove lo ritengono opportuno. Sono un hobbista anch'io e non posso sapere tutto! :oops:
PS. Si, hai perfettamente ragione, la gm e' statica, ma quell'editor della carota si e' mangiato (anche) un ulteriore delta maiuscolo greco di cui non mi sono accorto, ovvero Gm=DELTA_Ic/DELTA_Vbe, dato che in alternata, a piccoli segnali, interessa ovviamente la varianza attorno al punto di lavoro. Ah l'eta'!
Certamente! Età o non età ho comunque anch'io da ripassare qualcosa: un conto è sapersi fare i quattro conti del caso, tutt'altro è spiegare per benino agli altri "chevvordì" quei quattro conti.

Ciao!
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Immagine Allegato: GiacolettoBJT.pdf ( 114363bytes )

Oltre a gm, nel circuito equivalente vi sono altri altri elementi di cui è importante comprendere il funzionamento e le loro non idealità ci comportamento. Esse sono la rete Rbc-Rbe (che definiscono, tra le altre cose, il beta del transistor) e Rce che, sotto le "innocue" spoglie di una resistenza, rappresenta il meno innocuo effetto Early.
Rieccoci! :)
Rbc-Rbe abbiamo detto. Più i due condensatori associati. Questa rete, qui rappresentata con elementi lineari, in realtà non è lineare per nulla e la sua rappresentazione come "rete RC" è un'approssimazione valida solo in regime di piccolo segnale (che, nel linguaggio "elettronichese", è sinonimo di infinitesimo, quindi di segnali che sono tali solo in senso astratto e non reale. In pratica servono solo a definire il comportamento del *modello equivalente* del transistor e non del transistor nel mondo reale).
Tale rete rappresenta nel circuito equivalente le giunzioni del transistor ed è importante comprendere bene cosa sono in realtà i "rappresentati". Prima di questo è però necessario aprire una (grossa) parentesi sul funzionamento del transistor in regione attiva, quella normalmente sfruttata nel loro utilizzo come amplificatori lineari.

Un transistor può essere visto in tanti modi ma secondo me uno dei più proficui è quello di vederlo come un diodo (quello tra base ed emettitore) polarizzato direttamente in cui gran parte della corrente che "dovrebbe" uscire dalla base viene intelligentemente "rubata" dal campo elettrico applicato ad una seconda giunzione polarizzata inversamente (quella tra base e collettore) e destinata ad usi più produttivi che non il mero tener "accesa" la giunzione base-emettitore.
Il transistor è tanto migliore quanto più il "furto" è efficiente. Questo "furto" è reso possibile, nei bipolari, da tre fattori: i rapporti geometrici tra le giunzioni, le loro distanze reciproche (in tutti i transistori bipolari) e le differenti intensità di drogaggio (nei planari epitassiali, oggi i soli esistenti oer uso in BF; un tempo c'era più varietà ma non è che si saltasse dalla gioia per questo!).

Quando in un bipolare la giunzione base-emettitore viene "accesa", questa si comporta in tutto e per tutto come un normale diodo a giunzione: la sua corrente è legata alla tensione presente sulla giunzione dalla seguente equazione:

If = Is*exp(Vf x (q/kT))

dove:

If = corrente di conduzione diretta del diodo in questione
Is = sua corrente di saturazione della giunzione in assenza di polarizzazione. Questa riassume in sè tutta la "personalità" di un diodo legata alle caratteristiche costruttive della giunzione stessa.

Vf = tensione di polarizzazione diretta della giunzione al netto della tensione di soglia (dipendente dal tipo di semiconduttore utilizzato: col silicio vale il solito 0.55-0,6 Volt)

q/kT è l'inverso della tensione equivalente rappresentante la velocità termica media degli elettroni. E' esattamente la stessa utilizzata per il calcolo fisico di gm.

"exp", per chi non lo sapesse, significa semplicemente "elevamento a potenza" con l'esponente definito dal termine incluso nella parentesi che segue.

Sfruttando i numeri ottenuti per gm l'equazione di cui sopra la possiamo riscrivere in forma più "pratica" nel seguente modo:

If = Is*exp(Vf/26)

con Vf espressa in millivolt e dove i 26 mV sono gli stessi usati per i calcoli di gm e hanno ovviamente la stessa origine.

Quanto sopra vale solo come prima approssimazione e a condizione che la corrente che attraversa la giunzione sia di densità tale da conservare ancora la validità dell'ipotesi insieme di elettroni = "gas perfetto" di elettroni. Per gli interessati a sapere cosa succede "dopo" che questa ipotesi è decaduta, rimando alla lettura di testi dedicati alla fisica dei seminconduttori (su cui sono una emerita schiappa, mi spiace).

A questo punto è importante capire che Vf è solo una tensione di "apertura" della giunzione che consente agli elettroni presenti sul lato "N" di ritrovarsi a "vagare" dall'altra parte come un'orda che, fintanto che non si applicano altre sollecitazioni, si comporta, racchiusa in una matrice solida anziché libera nel vuoto, alla stregua della "nuvola" di elettroni che staziona attorno al catodo di un tubo acceso.

La prima cosa che fa questa "nuvola" è annullare le "vacanze" di elettroni (lacune) presenti sul lato P della giunzione. Gli elettroni che si incaricano di far questo, che vengono sottratti al totale disponibile per la corrente di conduzione (insomma, la corrente che esce dal trabiccolo! :) ), vanno a costituire nel diodo una vera e propria carica fissa che, nel prosieguo del funzionamento, si comporterà a tutti gli effetti "quasi" come un condensatore. Tale carica è anche la responsabile dei ritardi di spegnimento del diodo che si hanno quando questo viene polarizzato inversamente: infatti finché questo "condensatore" non viene scaricato non si spegne proprio un bel nulla.

Nel nostro circuito equivalente tale "quasi-condensatore" è rappresentato da Cbe e su questo "quasi" occorre dire qualcosina. Tutti i "condensatori" formati dalle giunzioni, "sembrano" dei condensatori ma in realtà non lo sono affatto. La differenza fondamentale tra questi "condensatori" e dei VERI condensatori consiste nel fatto che in questi ultimi è costante il valore della capacità mentre nei condensatori di giunzione è costante il valore della *carica*, con il risultato che la capacità varia in proporzione inversa alla tensione applicata alla giunzione (le "armature" di questo pseudo-condensatore). La conseguenza più immediata di questo fenomeno è che, applicando un segnale sinusoidale in tensione (o in corrente) a questo condensatore, la corrispondente risposta in corrente (o in tensione) *sarà distorta*, cosa che in linea di massima con un condensatore reale (salvo comportamenti non lineari del dielettrico) non avviene.

Per il momento lasciamo stare i nostri "condensatori" e torniamo a vedere cosa succede con il resto della corrente che passa attraverso la giunzione polarizzata direttamente. In un diodo normale questa corrente se ne va per i fatti suoi secondo disponibilità del circuito in cui è inserito. Nel transistore bipolare invece, causa la presenza di una seconda giunzione (la base-collettore) molto vicina e praticamente affacciata alla prima, succedono diverse cose interessanti.

Finché il collettore non è collegato al circuito o è cortocircuitato con l'emettitore, il diodo base-emettitore si comporta come qualsiasi altro diodo con al più, nel secondo caso, il contributo della giunzione base-collettore che, polarizzata direttamente, si comporta esattamente come un secondo diodo in parallelo al primo (ATTENZIONE! - questo vale *soltanto* con il collettore cortocircuitato con l'emettitore: con il collettore collegato in circuito e il transistore *in saturazione* il comportamento è completamente diverso! "Sembra" la stessa situazione ma non lo è per nulla).

Quando invece al collettore viene applicata una tensione che polarizza in senso inverso la giunzione base collettore, il comportamento di tutto il dispositivo cambia drasticamente e abbiamo ciò che prima non esisteva: un transistor.

In pratica succede che la corrente proveniente dall'emettitore che circola nella base, diffondendosi e girandoci dentro, "lambisce" la giunzione base-collettore che, con il suo campo elettrico, la attira e la "ruba" in maniera tanto più efficiente quanto più le due giunzioni sono vicine tra loro. La corrente "rubata" va a costituire la corrente di collettore mentre quella che rimane esce dalla base andando a costituire, per il resto del circuito, una corrente in "perdita".... Insomma, nel transistor non solo il collettore fa il "ladro" ma si becca pure del "bravo"! :) E' proprio vero che al mondo non c'è giustizia... ;) .

Scherzi a parte, la giunzione base-collettore (avete capito ora perché si chiama "collettore", vero?) ha la sua parte di problemi con cui fare i conti. Se tale giunzione fosse un diodo "perfetto" il transistor si comporterebbe come un generatore di corrente ideale indipendente dalla tensione di collettore: In questo caso infatti, una volta che la corrente circolante in base ha "passato" la giunzione base-collettore, non ha più modo di tornare indietro e pertanto quella è e quella rimane indipendentemente dalla tensione applicata al collettore stesso. In questa situazione ipotetica, le caratteristiche di uscita in corrente di collettore del transistor sarebbero costituite da tante rette perfettamente parallele all'asse delle tensioni e definite unicamente dalla corrente uscente in base moltiplicata per il beta del transistor (che vedremo la prossima volta "come" nasce anche se sicuramente ne avrete già intuito il meccanismo fondamentale: qui basti solo dire che ciò che conta non è estrarre corrente ma *dare tensione* alla giunzione base-emettitore; il resto viene di conseguenza).

Nella realtà, ovviamente, le cose non stanno affatto così e l'effetto più visibile e macroscopico è costituito dal fatto che, a parità di corrente di base, la corrente sale più o meno debolmente con la tensione applicata al collettore e in maniera praticamente proporzionale ad essa. Questo effetto si chiama effetto Early ed è la risultante di due meccanismi di cui vedremo i dettagli la prossima volta.

Ciao e buona domenica a tutti! :)
Piercarlo
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Messaggio da Davide »


"exp", per chi non lo sapesse, significa semplicemente "elevamento a potenza" con l'esponente definito dal termine incluso nella parentesi che segue.


Originally posted by Piercarlo - 10/12/2006 :  11:11:49
Piercarlo,

consentimi una piccola precisazione su quanto da te scritto:

"exp" in generale - e sicuramente in questo caso particolare - stà ad indicare in realtà la funzione esponenziale definita come "e elevato a potenza"; dove e è la base dei logaritmi naturali.

Ciao

Davide
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Messaggio da Piercarlo »

consentimi una piccola precisazione su quanto da te scritto
Hai perfettamente ragione! :-(. MI ero confuso con l'uso informatico di "exp" (che non c'entra un bel niente). Ironia della cosa è che stavo proprio cercando nei miei libri le equazioni che definiscono la relazione logartmica tra tensione sulla giunzione e corrente che vi scorre... e l'avevo sotto il naso! :-(

In ogni caso, grazie!

Ciao
Piercarlo
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Messaggio da Piercarlo »

Immagine Allegato: GiacolettoBJT.pdf ( 114363bytes )

Questo effetto si chiama effetto Early ed è la risultante di due meccanismi di cui vedremo i dettagli la prossima volta.
Prima di affrontare l'effetto Early (e connessi) dobbiamo indagare come il transistor bipolare guadagna in corrente o meglio: come il transistor ripartisce la corrente entrante dall'emettitore in due correnti uscenti dalla base e dal collettore e come la seconda viene controllata dalla prima).

La volta scorsa abbiamo detto che la corrente che attraversa la giunzione base-emettitore viene "rubata" dal campo elettrico applicato sul collettore. Quello che non abbiamo detto è che il collettore può "rubare" solo quello che gli passa il convento; cioè solo quello che alla giunzione base emettitore *non* serve per rimanere in conduzione. Detto in altro modo: stabilito un minimo di cariche in transito sulla giunzione BE che servono, per così dire, a "tener aperta la porta", il collettore può appropriarsi (trasformandole in corrente utile sul carico) solo delle cariche *in sovrappiù* rispetto al minimo appena detto.

Questo è uno dei due punti chiave (il secondo lo vedremo tra poco) del meccanismo che in un bipolare "crea" il guadagno di corrente: vi può essere guadagno di corrente soltanto se *con la stessa VBE applicata* sono rese disponibili per la conduzione più cariche elettriche di quelle effettivamente utilizzate per sostenere la corrente che mantiene attiva la giunzione BE .

Questo eccesso di carica utile viene ottenuto durante la costruzione fisica del transistore con vari stratagemmi di cui il più importante è che, per costruzione, l'emettitore risulta *più drogato* (avente cioè un maggior numero di portatori di carica liberi di muoversi) della regione di base con cui forma la giunzione BE. Tale eccesso di carica (di alcune migliaia o decine di migliaia di volte) può essere sia *intrinseco* (cioè dovuto al solo drogaggio dell'emettitore in rapporto a quello della base) sia "sostenuto" da altri stratagemmi costruttivi (per gli interessati ai dettagli: D. Roulston, "Bipolar Semiconductor Devices", McGraw-Hill).

Per capire come mai si renda disponibile questo "eccesso di carica" occorre avere presente che nell'equazione:

If = Is*exp(Vf x (q/kT)

che lega la corrente che scorre in una giunzione polarizzata direttamente alla tensione presente su di essa, la corrente *Is* è determinata dal lato della giunzione che ha *il drogaggio minore*, cioè dal lato che rende disponibili per la conduzione un numero minore di portatori di carica liberi.
Il fatto che l'altro lato, quello più drogato, a parità di VBE potrebbe sostenere attraverso la giunzione una corrente di conduzione maggiore, è indifferente per un diodo *ma non lo è* per un transistor ed è anzi una caratteristica di importanza fondamentale per trasformare l'insieme di due giunzioni contrapposte nel "sistema transistore" perché è proprio questo eccesso di carica che, una volta attraversata la giunzione base-collettore, va a costituire la corrente di quest'ultimo.

Se il guadagno di corrente di un transistore (il suo beta) dipendesse *soltanto* dalla differenza di drogaggio tra i due lati della giunzione base-emettitore, si potrebbero costruire transistori con un guadagno di corrente pari a diverse migliaia o decine di migliaia di volte. Poiché questo (salvo casi tanto particolari quanto parziali e delicatissimi) non succede, è evidente che esiste qualche altro meccanismo che ridimensiona tale favoloso (e ipotetico) beta.
Tale meccanismo è composto da varie sfaccettature tutte direttamente o indirettamente legate al *tempo* che i portatori di carica elettrica provenienti dall'emettitore passano nella regione di base che, per la natura del suo drogaggio (opposto a quello dell'emettitore) tende a legarli e toglierli dal computo del totale disponibile per sostenere la corrente di collettore. Meno la regione di base ha la possibilità di sottrarre cariche libere alla "nuvola" di portatori provenienti dall'emettitore che la invade (e ionizza), maggiore sarà il beta disponibile a parità di altre condizioni costruttive.

Lasciando gli approfondimenti del caso alla consultazione di testi adatti, ci basti qui dire che, salvo trucchi costruttivi vari, una volta stabiliti i drogaggi (e il tipo di drogante ma anche qui per i dettagli è meglio consultare la letteratura specializzata), l'unico espediente veramente efficace per diminuire il tempo di sosta dei portatori di carica in transito nella regione di base è diminuire lo spessore fisico di quest'ultima. Operazione che se da un lato migliora, oltre al beta, anche le prestazioni in alta frequenza del transistore, dall'altro lo rende più debole dal punto di vista delle massime tensioni di lavoro sopportabili.

Questo è il motivo di fondo per cui tanti ottimi transistori di segnale, non sono un granché come massime tensioni di lavoro (ma per i transistori di commutazione a basso livello ed RF va anche peggio!). E poiché, purtroppo, quando si utilizzano transistori in stadi "single-ended" le prestazioni sono tanto migliori quanto più lavorano con tensioni di collettore alte, questo ha condotto in passato al progetto e alla costruzione di preamplificatori che, magari superbi dal punto di vista timbrico, non lo erano altrettanto dal punto di vista dell'affidabilità. Si trattava, beninteso, di rischi calcolati da gente che sapeva il fatto suo... ma un rischio rimane comunque un rischio e ogni tanto si hanno dipartite "misteriose" dovute al puro e semplice spegnere e accendere un apparecchio. Ma chi è senza peccato...

Torando a noi: ora abbiamo un eccesso di carica che, per la parte che si conserva attraverso la base e riesce a passare al di là della giunzione base-collettore, va a costituire la corrente utile per il carico di collettore. Ma che cosa fa esattamente la giunzione di collettore? Nient'altro che applicare un campo elettrico che attragga i portatori di carica provenienti dall'emettitore su di sè e impedisca loro di tornare indietro. In pratica, i portatori di carica in eccesso "sopravvissuti" al transito della regione di base vengono estratti da essa e accelerati verso il collettore dal campo elettrico applicato sulla giunzione BC

E' importante notare come il collettore possa estrarre e accelerare solo le cariche in eccesso effettivamente rese disponibili: se per qualche ragione tale eccesso viene a mancare, il campo elettrico di per sè non può dar vita a nessuna corrente. Questo è un altro modo per dire che, visto dal collettore, un transistore si può comportare soltanto come un generatore di corrente costante, anche se non molto ideale. Ed è questa la ragione di fondo per cui le caratteristiche di uscita di un transistore tendono ad essere quasi parallele all'asse delle tensioni: in un transistore *ideale* la tensione di collettore non ha alcun controllo sull'entità della corrente che lo attraversa, che viene definita in tutt'altra parte del dispositivo.

In pratica la corrente di uscita dipende *anche* dalla tensione di collettore (effetto Early) ed è giunto il momento di vederne un po' da vicino il meccanismo. Abbiamo detto in precedenza che, a causa del differente drogaggio di base ed emettitore, quest'ultimo rende disponibili più portatori di carica di quanto servano alla giunzione BE per mantenersi in conduzione.
Questo eccesso di portatori va in pratica a costituire una sorta di "nuvola di portatori" (elettroni nel caso di un transistore NPN e lacune nell'altro caso - più avanti e a parte vedremo più da vicino che cosa sono effettivamente queste "lacune") che *ionizza* la regione di base e va a costituire il "serbatoio" da cui il collettore estrae più o meno efficientemente (in realtà in maniera efficientissima: bastano pochi decimi di volt a portare in regione attiva quasi tutti i transistori) le cariche che costituiscono la corrente di uscita.

Ora vi sono due cose da tenere a mente:

1) il campo elettrico è tanto più intenso, a parità di energia, quanto minori sono le cariche disponibili a neutralizzarlo. Ciò significa che, se normalmente la maggior parte del campo elettrico si estende alla regione di collettore rispetto a quella di base (più drogata della prima), via via che il campo elettrico si intensifica ed estrae più velocemente le cariche dalla "nuvola" la densità di quest'ultima si riduce e permette a una parte del campo elettrico - prima esistente praticamente sul solo lato del collettore - di estendersi in profondità anche sul lato della base con la conseguenza di *ridurre lo spessore effettivo della base stessa* con conseguente aumento del beta effettivo del transistore (e pure della sua massima frequenza di lavoro).

2) Anche la giunzione base-collettore ha una sua corrente di saturazione (inversa in questo caso) che si comporta come una vera e propria *corrente aggiunta* a quella uscente di base (è, nel circuito di Giacoletto, la componente retrocessa dal collettore alla base dalla Rbc) che, oltre a essere "in più" dipende anche dalla tensione applicata sulla giunzione BC e aumenta più o meno proporzionalmente con essa.

Questo è un fenomeno di ionizzazione progressiva che, su base statistica, si comporta in modo lineare, almeno finché il campo elettrico non arriva a intensità tali da ionizzare esplicitamente il semiconduttore provocando la rottura della giunzione stessa che, letteralmente, "crolla" come una sorta di diga non più in grado di reggere la pressione del campo elettrico - tale fenomeno lo si ha anche innalzando la temperatura di funzionamento del dispositivo al punto che, al di sopra di una sorta di "temperatura di cortocircuito" non si può più parlare dell'esistenza di alcuna giunzione che è, prima di tutto e soprattutto dal punto di vista dei portatori di carica, null'altro che una barriera di potenziale elettrico da superare: qualsiasi cosa la "scavalchi" ne annulla l'esistenza.

Dei due meccanismi citati, il primo è anche il più pericoloso in quanto è, a tutti gli effetti, un precursore della rottura a valanga che limita la massima tensione applicabile alla giunzione BC del transistore. E' importante notare come questo fenomeno dipenda fortemente sia dalla corrente circolante sia dalla temperatura di lavoro del transistore. La conseguenza principale, per la sicurezza di funzionamento del componente, è che le tensioni massime sopportabili dallo stesso *diminuiscono* all'aumentare della corrente in gioco e all'aumentare della sua temperatura di lavoro.

Se questo è di importanza abbastanza relativa in un transistore di segnale (per il quale, salvo esigenze particolari, si hanno ampi margini di sicurezza sfruttabili con una certa tranquillità) la faccenda diviene molto critica e vitale nel caso dei transistori di potenza nei quali, a causa delle elevate intensità di corrente, si ha un ulteriore fenomeno (il breakdown secondario che, a tutti gli effetti, è una specie di effetto Early "maggiorato" in peggio!) che può provocare parecchie "morti spettacolari" nonostante, all'apparenza, ci si trovi a lavorare in zona "sicura".
Come vedremo quando prenderemo in esame gli stadi finali, la caratteristica più importante da non dimenticare *mai* quando si tratta con il breakdown secondario (i cui effetti sono tutt'altro che secondari...) è che si ha a che fare con un fenomeno in cui la temperatura (e la potenza) di lavoro del dispositivo è solo *uno* dei fattori in gioco. Gli altri due, tensioni e correnti in gioco, sono egualmente importanti e vanno tenute in debito conto, soprattutto quando il finale si trova a pilotare diffusori che, dal punto di vista degli sfasamenti, sono tutto fuorché "mansueti".

Ah, per il dispiacere di molti: più i transistori sono veloci e "guadagnanti" più sono deboli dal punto di vista del breakdown secondario. Tanti transistori finali del passato, ottimi sotto molti aspetti (tipo i BD131-132 o anche i BD436-437 più altri planari) non sono arrivati fino ai giorni nostri proprio per il fatto che, alla grazia, non sapevano abbinare i muscoli... Mentre un "bue" come il 2N3055 lo si usa tranquillamente ancora oggi (anche se i 2N3055 di oggi hanno in comune con quelli del passato soltanto la sigla!)

Per il momento è tutto. Vi lascio il link di un vecchio datasheet della Siemens sui BC107-108-109 (che sono stati, in un modo o nell'altro, gli "antenati" di quasi tutti i transistori planari di segnale al silicio). In particolare segnalo i due grafici di pagina 8 che mostrano, per la connessione a emettitore comune, la dipendenza dei parametri "h" (che servono anche a ricavare il circuito equivalente di Giacoletto) dal punto di lavoro in tensione e in corrente del transistori. Più avanti avremo modo di "giocarci" un po'.

Per chiarezza:

h11 = hie = impedenza di ingresso del transistore. Esso è dato dall'inverso di gm moltiplicato per il beta, ovvero hfe/gm.

h21 = hfe = guadagno in corrente del transistore (beta).

h12 = hre = coefficiente di retroazione interna del transistore: esso, rispetto al circuito di Giacoletto è definito da rbe/(rbe+rbc).

h22 = hoe = conduttanza di uscita del transistore. Esso è definito da (gm*hre+1/rce)

Del circuito di Giacoletto rimane indefinita Rbb che però si può dimensionare empiricamente qualora si abbiano a disposizione le curve di figura di rumore (noise figure contours: nel datasheet ci sono ma non in forma adatta). In pratica si cerca il punto dove la linea corrispondente a una NF di 3 dB interseca l'impedenza di sorgente minima (300-350 Ohm per il BC 109, il meno rumoroso dei tre) e si pone Rbb uguale a quel valore. Non è un granché ma è sempre meglio di niente. Fortunamente, salvo casi particolari (leggi: circuiti a bassissimo rumore oppure cercare il pelo nell'uovo...) la conoscenza di Rbb non è vitale per i circuiti audio.

http://pdf1.alldatasheet.com/datasheet- ... asheet.pdf

Buon divertimento! :)

Ciao e buona domenica a tutti!
Piercarlo

PS - Ho ricontrollato lo scritto ma le "cattedrali" scappano sempre... Nel caso fatemi sapere, grazie!
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