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Questo effetto si chiama effetto Early ed è la risultante di due meccanismi di cui vedremo i dettagli la prossima volta.
Prima di affrontare l'effetto Early (e connessi) dobbiamo indagare come il transistor bipolare guadagna in corrente o meglio: come il transistor ripartisce la corrente entrante dall'emettitore in due correnti uscenti dalla base e dal collettore e come la seconda viene controllata dalla prima).
La volta scorsa abbiamo detto che la corrente che attraversa la giunzione base-emettitore viene "rubata" dal campo elettrico applicato sul collettore. Quello che non abbiamo detto è che il collettore può "rubare" solo quello che gli passa il convento; cioè solo quello che alla giunzione base emettitore *non* serve per rimanere in conduzione. Detto in altro modo: stabilito un minimo di cariche in transito sulla giunzione BE che servono, per così dire, a "tener aperta la porta", il collettore può appropriarsi (trasformandole in corrente utile sul carico) solo delle cariche *in sovrappiù* rispetto al minimo appena detto.
Questo è uno dei due punti chiave (il secondo lo vedremo tra poco) del meccanismo che in un bipolare "crea" il guadagno di corrente:
vi può essere guadagno di corrente soltanto se *con la stessa VBE applicata* sono rese disponibili per la conduzione più cariche elettriche di quelle effettivamente utilizzate per sostenere la corrente che mantiene attiva la giunzione BE .
Questo eccesso di carica utile viene ottenuto durante la costruzione fisica del transistore con vari stratagemmi di cui il più importante è che, per costruzione, l'emettitore risulta *più drogato* (avente cioè un maggior numero di portatori di carica liberi di muoversi) della regione di base con cui forma la giunzione BE. Tale eccesso di carica (di alcune migliaia o decine di migliaia di volte) può essere sia *intrinseco* (cioè dovuto al solo drogaggio dell'emettitore in rapporto a quello della base) sia "sostenuto" da altri stratagemmi costruttivi (per gli interessati ai dettagli: D. Roulston, "Bipolar Semiconductor Devices", McGraw-Hill).
Per capire come mai si renda disponibile questo "eccesso di carica" occorre avere presente che nell'equazione:
If = Is*exp(Vf x (q/kT)
che lega la corrente che scorre in una giunzione polarizzata direttamente alla tensione presente su di essa, la corrente *Is* è determinata dal lato della giunzione che ha *il drogaggio minore*, cioè dal lato che rende disponibili per la conduzione un numero minore di portatori di carica liberi.
Il fatto che l'altro lato, quello più drogato, a parità di VBE potrebbe sostenere attraverso la giunzione una corrente di conduzione maggiore, è indifferente per un diodo *ma non lo è* per un transistor ed è anzi una caratteristica di importanza fondamentale per trasformare l'insieme di due giunzioni contrapposte nel "sistema transistore" perché è proprio questo eccesso di carica che, una volta attraversata la giunzione base-collettore, va a costituire la corrente di quest'ultimo.
Se il guadagno di corrente di un transistore (il suo beta) dipendesse *soltanto* dalla differenza di drogaggio tra i due lati della giunzione base-emettitore, si potrebbero costruire transistori con un guadagno di corrente pari a diverse migliaia o decine di migliaia di volte. Poiché questo (salvo casi tanto particolari quanto parziali e delicatissimi) non succede, è evidente che esiste qualche altro meccanismo che ridimensiona tale favoloso (e ipotetico) beta.
Tale meccanismo è composto da varie sfaccettature tutte direttamente o indirettamente legate al *tempo* che i portatori di carica elettrica provenienti dall'emettitore passano nella regione di base che, per la natura del suo drogaggio (opposto a quello dell'emettitore) tende a legarli e toglierli dal computo del totale disponibile per sostenere la corrente di collettore. Meno la regione di base ha la possibilità di sottrarre cariche libere alla "nuvola" di portatori provenienti dall'emettitore che la invade (e ionizza), maggiore sarà il beta disponibile a parità di altre condizioni costruttive.
Lasciando gli approfondimenti del caso alla consultazione di testi adatti, ci basti qui dire che, salvo trucchi costruttivi vari, una volta stabiliti i drogaggi (e il tipo di drogante ma anche qui per i dettagli è meglio consultare la letteratura specializzata), l'unico espediente veramente efficace per diminuire il tempo di sosta dei portatori di carica in transito nella regione di base è diminuire lo spessore fisico di quest'ultima. Operazione che se da un lato migliora, oltre al beta, anche le prestazioni in alta frequenza del transistore, dall'altro lo rende più debole dal punto di vista delle massime tensioni di lavoro sopportabili.
Questo è il motivo di fondo per cui tanti ottimi transistori di segnale, non sono un granché come massime tensioni di lavoro (ma per i transistori di commutazione a basso livello ed RF va anche peggio!). E poiché, purtroppo, quando si utilizzano transistori in stadi "single-ended" le prestazioni sono tanto migliori quanto più lavorano con tensioni di collettore alte, questo ha condotto in passato al progetto e alla costruzione di preamplificatori che, magari superbi dal punto di vista timbrico, non lo erano altrettanto dal punto di vista dell'affidabilità. Si trattava, beninteso, di rischi calcolati da gente che sapeva il fatto suo... ma un rischio rimane comunque un rischio e ogni tanto si hanno dipartite "misteriose" dovute al puro e semplice spegnere e accendere un apparecchio. Ma chi è senza peccato...
Torando a noi: ora abbiamo un eccesso di carica che, per la parte che si conserva attraverso la base e riesce a passare al di là della giunzione base-collettore, va a costituire la corrente utile per il carico di collettore. Ma che cosa fa esattamente la giunzione di collettore? Nient'altro che applicare un campo elettrico che attragga i portatori di carica provenienti dall'emettitore su di sè e impedisca loro di tornare indietro. In pratica, i portatori di carica in eccesso "sopravvissuti" al transito della regione di base vengono estratti da essa e accelerati verso il collettore dal campo elettrico applicato sulla giunzione BC
E' importante notare come il collettore possa estrarre e accelerare solo le cariche in eccesso
effettivamente rese disponibili: se per qualche ragione tale eccesso viene a mancare, il campo elettrico di per sè non può dar vita a nessuna corrente. Questo è un altro modo per dire che, visto dal collettore, un transistore si può comportare soltanto come un generatore di corrente costante, anche se non molto ideale. Ed è questa la ragione di fondo per cui le caratteristiche di uscita di un transistore tendono ad essere quasi parallele all'asse delle tensioni: in un transistore *ideale* la tensione di collettore non ha alcun controllo sull'entità della corrente che lo attraversa, che viene definita in tutt'altra parte del dispositivo.
In pratica la corrente di uscita dipende *anche* dalla tensione di collettore (effetto Early) ed è giunto il momento di vederne un po' da vicino il meccanismo. Abbiamo detto in precedenza che, a causa del differente drogaggio di base ed emettitore, quest'ultimo rende disponibili più portatori di carica di quanto servano alla giunzione BE per mantenersi in conduzione.
Questo eccesso di portatori va in pratica a costituire una sorta di "nuvola di portatori" (elettroni nel caso di un transistore NPN e lacune nell'altro caso - più avanti e a parte vedremo più da vicino che cosa sono effettivamente queste "lacune") che *ionizza* la regione di base e va a costituire il "serbatoio" da cui il collettore estrae più o meno efficientemente (in realtà in maniera efficientissima: bastano pochi decimi di volt a portare in regione attiva quasi tutti i transistori) le cariche che costituiscono la corrente di uscita.
Ora vi sono due cose da tenere a mente:
1) il campo elettrico è tanto più intenso, a parità di energia, quanto minori sono le cariche disponibili a neutralizzarlo. Ciò significa che, se normalmente la maggior parte del campo elettrico si estende alla regione di collettore rispetto a quella di base (più drogata della prima), via via che il campo elettrico si intensifica ed estrae più velocemente le cariche dalla "nuvola" la densità di quest'ultima si riduce e permette a una parte del campo elettrico - prima esistente praticamente sul solo lato del collettore - di estendersi in profondità anche sul lato della base con la conseguenza di *ridurre lo spessore effettivo della base stessa* con conseguente aumento del beta effettivo del transistore (e pure della sua massima frequenza di lavoro).
2) Anche la giunzione base-collettore ha una sua corrente di saturazione (inversa in questo caso) che si comporta come una vera e propria *corrente aggiunta* a quella uscente di base (è, nel circuito di Giacoletto, la componente retrocessa dal collettore alla base dalla Rbc) che, oltre a essere "in più" dipende anche dalla tensione applicata sulla giunzione BC e aumenta più o meno proporzionalmente con essa.
Questo è un fenomeno di ionizzazione progressiva che, su base statistica, si comporta in modo lineare, almeno finché il campo elettrico non arriva a intensità tali da ionizzare esplicitamente il semiconduttore provocando la rottura della giunzione stessa che, letteralmente, "crolla" come una sorta di diga non più in grado di reggere la pressione del campo elettrico - tale fenomeno lo si ha anche innalzando la temperatura di funzionamento del dispositivo al punto che, al di sopra di una sorta di "temperatura di cortocircuito" non si può più parlare dell'esistenza di alcuna giunzione che è, prima di tutto e soprattutto dal punto di vista dei portatori di carica, null'altro che una barriera di potenziale elettrico da superare: qualsiasi cosa la "scavalchi" ne annulla l'esistenza.
Dei due meccanismi citati, il primo è anche il più pericoloso in quanto è, a tutti gli effetti, un precursore della rottura a valanga che limita la massima tensione applicabile alla giunzione BC del transistore. E' importante notare come questo fenomeno dipenda fortemente sia dalla corrente circolante sia dalla temperatura di lavoro del transistore. La conseguenza principale, per la sicurezza di funzionamento del componente, è che le tensioni massime sopportabili dallo stesso *diminuiscono* all'aumentare della corrente in gioco e all'aumentare della sua temperatura di lavoro.
Se questo è di importanza abbastanza relativa in un transistore di segnale (per il quale, salvo esigenze particolari, si hanno ampi margini di sicurezza sfruttabili con una certa tranquillità) la faccenda diviene molto critica e vitale nel caso dei transistori di potenza nei quali, a causa delle elevate intensità di corrente, si ha un ulteriore fenomeno (il breakdown secondario che, a tutti gli effetti, è una specie di effetto Early "maggiorato" in peggio!) che può provocare parecchie "morti spettacolari" nonostante, all'apparenza, ci si trovi a lavorare in zona "sicura".
Come vedremo quando prenderemo in esame gli stadi finali, la caratteristica più importante da non dimenticare *mai* quando si tratta con il breakdown secondario (i cui effetti sono tutt'altro che secondari...) è che si ha a che fare con un fenomeno in cui la temperatura (e la potenza) di lavoro del dispositivo è solo *uno* dei fattori in gioco. Gli altri due, tensioni e correnti in gioco, sono egualmente importanti e vanno tenute in debito conto, soprattutto quando il finale si trova a pilotare diffusori che, dal punto di vista degli sfasamenti, sono tutto fuorché "mansueti".
Ah, per il dispiacere di molti: più i transistori sono veloci e "guadagnanti" più sono deboli dal punto di vista del breakdown secondario. Tanti transistori finali del passato, ottimi sotto molti aspetti (tipo i BD131-132 o anche i BD436-437 più altri planari) non sono arrivati fino ai giorni nostri proprio per il fatto che, alla grazia, non sapevano abbinare i muscoli... Mentre un "bue" come il 2N3055 lo si usa tranquillamente ancora oggi (anche se i 2N3055 di oggi hanno in comune con quelli del passato soltanto la sigla!)
Per il momento è tutto. Vi lascio il link di un vecchio datasheet della Siemens sui BC107-108-109 (che sono stati, in un modo o nell'altro, gli "antenati" di quasi tutti i transistori planari di segnale al silicio). In particolare segnalo i due grafici di pagina 8 che mostrano, per la connessione a emettitore comune, la dipendenza dei parametri "h" (che servono anche a ricavare il circuito equivalente di Giacoletto) dal punto di lavoro in tensione e in corrente del transistori. Più avanti avremo modo di "giocarci" un po'.
Per chiarezza:
h11 = hie = impedenza di ingresso del transistore. Esso è dato dall'inverso di gm moltiplicato per il beta, ovvero hfe/gm.
h21 = hfe = guadagno in corrente del transistore (beta).
h12 = hre = coefficiente di retroazione interna del transistore: esso, rispetto al circuito di Giacoletto è definito da rbe/(rbe+rbc).
h22 = hoe = conduttanza di uscita del transistore. Esso è definito da (gm*hre+1/rce)
Del circuito di Giacoletto rimane indefinita Rbb che però si può dimensionare empiricamente qualora si abbiano a disposizione le curve di figura di rumore (noise figure contours: nel datasheet ci sono ma non in forma adatta). In pratica si cerca il punto dove la linea corrispondente a una NF di 3 dB interseca l'impedenza di sorgente minima (300-350 Ohm per il BC 109, il meno rumoroso dei tre) e si pone Rbb uguale a quel valore. Non è un granché ma è sempre meglio di niente. Fortunamente, salvo casi particolari (leggi: circuiti a bassissimo rumore oppure cercare il pelo nell'uovo...) la conoscenza di Rbb non è vitale per i circuiti audio.
http://pdf1.alldatasheet.com/datasheet- ... asheet.pdf
Buon divertimento!
Ciao e buona domenica a tutti!
Piercarlo
PS - Ho ricontrollato lo scritto ma le "cattedrali" scappano sempre... Nel caso fatemi sapere, grazie!