SUONO: Realtà o Percezione?

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UnixMan
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da UnixMan »

[OT]
Luc1gnol0 ha scritto: Il tuo OT non lo commento, sarebbe inutile: tuttavia l'essere umano *E`* il vertice dell'evoluzione, period.
posto in questi termini può anche essere vero, ammesso che esista davvero un (unico) vertice: dopo tutto, l'evoluzione non procede mai lungo una sola linea. Senza dubbio al momento siamo la specie dominante sul pianeta ed il vertice della catena alimentare, ma non credo che questo implichi necessariamente l'essere anche il vertice dell'evoluzione. Per dire, siamo talmente "evoluti" (ed "intelligenti") che ci stiamo autodistruggendo, moltiplicandoci a dismisura in modo incontrollato, consumando molte più risorse di quante il pianeta sia in grado di rigenerare, devastando ed avvelenando l'ambiente stesso in cui viviamo. In questo somigliamo molto di più a un virus (o a un cancro) che non ad una specie evoluta... :(
[/OT]
Ciao, Paolo.

«Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da stereosound »

Luc1gnol0 ha scritto:
Se io parto da una concezione di un'architettura distribuita e parallela (come il cervello è, allo stato delle conoscenze umane), quel feedback ha dei significati (o delle conseguenze): se magari parto da un'idea di architettura centralizzata e seriale (come forse mi sembra di capire faccia tu), ne avrà degli altri (delle altre).
Non sono entrato nel merito delle possibili architetture ,di cui parli,in quanto si sconfinerebbe in un settore,quello della neurofisiologia,dove obbiettivamente non sono preparato. Allo stesso tempo questo eventuale sconfinamento finirebbe per creare ulteriori complicazioni tali da non poter essere facilmente sormontate. Mi sono proposto,quando ho iniziato questa discussione,come unica finalità, la valutazione delle modalità percettive nell'ascolto di ciò che comunemente si definisce "suono" e dei sui esiti (come sintesi) rispetto al fenomeno fisico che lo genera.
Luc1gnol0 ha scritto:
Noto a margine che quanto a faticosità di esposizione non mi sei pacificamente secondo; pensavo di essere quello con i periodi più ingarbugliati qui sul forum, con una chiarezza di pensiero da giungla amazzonica, ma evidentemente mi sbagliavo: ce la battiamo. Probabilmente entrambi dovremmo cercare di semplificare, snellire (almeno) il nostro lessico, a beneficio di tutti (ed in primis nostro), e magari ricontrollare più volte le forme logiche e grammaticali che andiamo ad utilizzare.
Non credo che questo appunto riguardi anche te...qualche volta il mio linguaggio (scritto) tende a diventare poco fluido. Per la fretta a volte mi può scappare qualche strafalcione...
Luc1gnol0 ha scritto:
stereosound ha scritto:Il punto saliente sarebbe riuscire capire come funzionerebbe questa "interazione" e a quali leggi sarebbe sottoposta... a quanto pare,così credo di affermare nella mia ignoranza,dovremmo ricorrere alla teoria quantica che, di recente,ha cercato di dare alcune fondamentali risposte alle funzionalità delle connessioni neuronali secondo la teoria degli intrecci nella interazione "mente-materia".


Ma chi l'ha detto che debba essere così come la poni? Innanzitutto qua non siamo in un consesso di paludati professori, di scienze umane o naturali poco importa, per cui di certo non siamo attrezzati (come bagaglio di studi e conoscenze) per riuscire a capire come debba funzionare l'interazione (cosa che, peraltro, con un'elevata probabilità ad oggi nessuno al mondo conosce), ma soprattutto al momento mi sembra abbastanza poco rilevante. Al nostro modesto livello ben posso provare ad osservare (o limitarmi ad osservare) un qualunque fenomeno, senza conoscere la legge che lo governi. Ovviamente mi espongo al rischio di prendere cantonate colossali, ma mi sembra preferibile cercare di limitarle provando ad esercitare un po' di logica, che non rischiare affatto.
Questo è uno degli aspetti che ritengo controversi,se,come affermi,non siamo attrezzati culturalmente per poter capire come funziona questa interazione,per logica dove potremmo arrivare!? Forse non sarebbe meglio,almeno a mio avviso, accettare che c'è un "errore"( una approssimazione) anzichè provare a correggerlo senza conoscerne le modalità? Il rischio di prendere delle cantonate,come ben dici,è grande...
Ammettendo che le operazioni mentali,pur essendo generate dalla attività della complessa ed intrecciata rete neuronale cerebrale,abbiano carattere di "non fisicità"ci spianerebbe la strada per ulteriori valutazioni.
Altrimenti come penseresti di andare avanti: dovremmo introdurre un fattore di "fisicizzazione" del pensiero"?
Luc1gnol0 ha scritto:
Infastidito dal fatto di non riuscire a capire queste benedette "attività" della mente per il (solo) tramite delle tue parole, l'ho inserite in "San Google" ed ecco saltar fuori un documento a me utile, trovato utilizzando la locuzione "attività categoriale".
Riporto (estrapolo) alcune parole di Giulio Benedetti...
Le frasi che ho estrapolato sono chiaramente mirate a sottolineare alcuni concetti (quelli di una ovvietà in fondo non troppo ovvia, e quello dell'approccio interdisciplinare), ma soprattutto questa estrapolazione fa perdere il senso del discorso e gli intenti dell'autore (peraltro non sono nemmeno in grado di datare il documento con precisione, forse 2001): l'intervento di Giulio Benedetti è invero piuttosto articolato (è in risposta a delle critiche di Renzo Beltrame), e per una migliore comprensione dei termini della (sua) questione credo sia preferibile (innanzitutto per te) prenderne visione
Mi fa piacere che hai approfondito qualche teoria inerente alla "Metodologia Operativa";avevo già anticipato qualche post fa che si dovrebbe necessariamente ricorrere alle neuroscienze (studio del sistema nervoso centrale come dice bene Giulio Benedetti) per approfondire ulteriormente la discussione senza correre il rischio di tralasciare importanti aspetti. Oltre a non essere alla mia portata (immagino che ciò detto valga anche per te) credo che il tutto si complicherebbe oltremisura.
Benedetti è assertore dell'esistenza dell'attenzione volontaria ma non ammetterebbe,a quanto pare,la sua necessità per altre tipologie di percezione (subcosciente). Intanto questa è una supposizione ed al momento non sembra assolutamente provata. Rimane comunque la certezza che l'attenzione è necessaria per esercitare la percezione!
Luc1gnol0 ha scritto:
stereosound ha scritto:Quando affermo che la memoria è "fuori dal tempo"intendo ribadire che i "percepiti",immagazzinati nella memoria storica, presi a "modello di confronto" tendono ad essere immutabili(non è detto però che siano eterni).


Presa letteralmente la tua frase sembrerebbe poter essere di (serio) ostacolo alle funzioni di apprendimento (che credo siano una delle tre differenze fondamentali dalla totalità degli altri animali, quanto a comportamenti della specie umana).
Per quel che ho capito io della tua descrizione/definizione, ed in base a quel che credo di sapere (chiedo venia, resto somaro), la mente non solo con i "percepiti" ma in genere con un "ricordo" fa una sorta di valutazione di congruenza con l'esperienza presente, ma indipendentemente dal fatto che il ricordo sia o meno immutabile.

Sono stato non chiaro evidentemente... avevo anche scritto in precedenza:
stereosound ha scritto:
L’osservatore si propone l’atto del percepire con una o più finalità anche se la se la percezione può assumere carattere involontario. Ciascuno può interfacciarsi con l’ambiente (mondo esterno) attraverso gli ormai noti organi percettivi. L’intera persona può essere vista quindi come un “cervello” dotato di queste sonde con le quali può indagare e conoscere l’ambiente. Gli stimoli attenzionali che attivano tali sonde partono dalle attività di apprendimento e cognitive tipiche dell’essere umano: da ciò è possibile costruire gradualmente una memoria dell’esplorato. L’attività di pensiero,con gli schemi che acquisirà ,permetterà una comparazione tra i percepiti e la memoria così costruita , producendo, poi, le sintesi.
La frase:con gli schemi che acquisirà è la risposta più giusta per far riferimento ai modelli di cui parlavo. Tale processo di acquisizione è lento e mutevole ( cioè tende ad evolvere)finchè non tenderà a stabilizzarsi diventando quindi uno schema consolidato o modello "invariante" nel tempo. Anche qui potresti obbiettare volendo ( si da per scontato che una persona raggiunta la maturità cambi i propri schemi interpretativi ormai radicati?..non credo). Al limite il modello può essere arricchito ma non sostituito! Negli schemi rientrano anche i percepiti acquisiti (dopo una una certa età) come modelli i quali diventano poi elementi di confronto e valutazione nelle correlazioni.
Luc1gnol0 ha scritto:

Mettiamo che io non abbia mai visto una barca rovesciata in acqua: la prima volta che la vedo non ho una memoria di uno scafo "a testa in su" a cui attingere per un confronto diretto, però (volendo semplificare con l'accetta) l'emisfero destro del mio cervello prende l'immagine, la ruota/raddrizza, la trasferisce così manipolata all'emisfero sinistro, che a quel punto la "nomina" alla mia "coscienza": - «Ah, e' una barca!!» (rovesciata, l'emisfero destro gli dice pure quello). Ad oggi, per quel che io so, neuroscienze e psicologia cognitiva (ed al netto di miei errori interpretativi nel riportarlo) questo ci dicono. Come "contrappunteresti" questa "percezione" col tuo sistema di raddoppi, verifiche, et c. (così magari riesco a capirti meglio di prima)?
Senza coinvolgere necessariamente gli emisferi potrei rispondere così:
Se conosci effettivamente la barca (generica) la riconosci solo dallo scafo in quanto associ lo stesso scafo ad una generica barca(già conosciuta in memoria). La percezione però deve essere almeno ripetuta un'altra volta per attuare una verifica di riconoscimento(questo avviene velocemente ed automaticamente).E' anche possibile che non bastino due singole percezioni per il necessario e sufficiente riconoscimento.
Se non la riconosci, invece,pur conoscendola,devi operare necessariamente più percezioni finchè non avviene il riconoscimento.
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da stereosound »

UnixMan ha scritto:
Al momento, sfogliando questo topic si ha quasi l'impressione di assistere ad un esercizio di... "parole in libertà". ;) :lol:
A volte le regole stravolgono i pensieri, altrimenti esprimibili con... "parole in libertà" :wink:
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da Luc1gnol0 »

stereosound ha scritto:Non sono entrato nel merito delle possibili architetture


Non propongo nessuna trattazione di neurofisiologia: è il modello "mentale" descritto a dire che tipo di architettura uno (è proprio il caso di dirlo) abbia in mente nel proprio ragionamento. Quando si presuppone, con probabilità vicine alla certezza, che la percezione avvenga attraverso una serializzazione di operazioni (sonda/percezione/attenzione, o attenzione/sonda/percezione, o quel che ti pare), si sta dando per presupposto una elaborazione in serie, uno dopo l'altro, e la presenza di centri di elaborazione necessari, imprescindibili, dominanti, unici... Un "sè" coeso che detta legge. Cosa che allo stato non sta certo in questi termini: quando io vedo la lettera A, quando io penso la lettera A, quando nomino la lettera A, quando odo la lettera A, si attivano diverse aree del cervello, non si attivano in serie, e quelle aree possono attivarsi contemporaneamente (ed in quest'ultimo caso a quale area attenderà la mia supposta centralizzata "attenzione"?).

Non ti chiedo di dire quel che nessuno sa, ti dico che le ipotesi e le inferenze che fai suggeriscono un concetto di cervello e di mente non aderente allo stato delle conoscenze, motivo per il quale le tue ipotesi ed inferenze mi suscitano dubbi di correttezza del ragionamento a supporto, ancora prima che di validità delle stesse ipotesi ed inferenze. Poi posso essere senz'altro in errore, ingannarmi, ma non è evitando la questione (delle architetture sottese ai ragionamenti, ipotesi, inferenze) che lo potremmo, semmai, appurare.

stereosound ha scritto:Mi sono proposto,quando ho iniziato questa discussione,come unica finalità, la valutazione delle modalità percettive nell'ascolto di ciò che comunemente si definisce "suono" e dei sui esiti (come sintesi) rispetto al fenomeno fisico che lo genera.


Peccato che per poter valutare le modalità percettive nell'ascolto del suono bisognerebbe partire, secondo me, "almeno" da una "descrizione" comprensibile e non palesemente errata di cosa sia (come funzioni) la percezione e di cosa sia la realtà che tale percezione indaga (nel caso specifico, quel suono lì), descrizioni che tu finora non hai dato, né dell'una, né dell'altra. O magari me le sono perse in questo bailamme di parole...

stereosound ha scritto:Questo è uno degli aspetti che ritengo controversi,se,come affermi,non siamo attrezzati culturalmente per poter capire come funziona questa interazione,per logica dove potremmo arrivare!? Forse non sarebbe meglio,almeno a mio avviso, accettare che c'è un "errore"( una approssimazione) anzichè provare a correggerlo senza conoscerne le modalità? Il rischio di prendere delle cantonate,come ben dici,è grande...


Mah, a me pare principalmente che tu, come tutti gli uomini (me compreso, dunque), abbia solo paura dell'ignoto, di quello che ancora non sai, anche se in ipotesi fosse proprio quello la "vera verità".

Ed in ogni caso una cantonata in più, nel casino magnum di questo discorso, che differenza fa? Sto scherzando, ovviamente (anche perché tu odi la parola "differenza", che invece nella percezione della musica riprodotta che io sappia dovrebbe avere un suo bel perché).

stereosound ha scritto:Ammettendo che le operazioni mentali,pur essendo generate dalla attività della complessa ed intrecciata rete neuronale cerebrale,abbiano carattere di "non fisicità"ci spianerebbe la strada per ulteriori valutazioni.
Altrimenti come penseresti di andare avanti: dovremmo introdurre un fattore di "fisicizzazione" del pensiero"?


Se non l'ha fatto il tuo "amico" Benedetti, et pour cause, perché dovrei farlo io? La realtà percepita, ed in generale tutte le operazioni mentali, sono appunto mentali, avvengono nella mente. Ma la descrizione di come avvengano è pure solo nella mente: come diceva Einstein ad Heisenberg, magari le teorie comprendessero solo oggetti osservabili, la realtà è che è la teoria a dirci che cosa dobbiamo osservare. Se la "tua" teoria presupponesse un sé centrale che compia operazioni l'una dopo l'altra, essa sarebbe già vincolata ad un percorso che pare irto di difficoltà (o impossibilità) interpretative, a mio avviso.

Ti faccio un esempio forzato, una battuta, ma che forse può farti riflettere: si dice che le cosiddette basse frequenze non si sentano solo con l'udito ma anche attraverso una percezione corporea. Come farebbe l'attenzione a dire al corpo, magari alla terza costola "...senti che belli 'sti 30Hz", visto che la propriocezione è inconscia? Dovremmo mettere il vincolo ulteriore che i 30Hz non li puoi "intenzionalmente" ascoltare? O cosa?

stereosound ha scritto:Mi fa piacere che hai approfondito qualche teoria inerente alla "Metodologia Operativa";avevo già anticipato qualche post fa che si dovrebbe necessariamente ricorrere alle neuroscienze (studio del sistema nervoso centrale come dice bene Giulio Benedetti) per approfondire ulteriormente la discussione senza correre il rischio di tralasciare importanti aspetti. Oltre a non essere alla mia portata (immagino che ciò detto valga anche per te) credo che il tutto si complicherebbe oltremisura.


Io non propongo un crash course per somari vogliosi di diventare ciascuno un neuroscienziato autodidatta.
Se hai letto il documento, mi pare che Benedetti proponga di rivedere, verificare, integrare alla luce delle conoscenze (almeno a livello divulgativo) sul sistema nervoso centrale quel che la SOI (o tu) va dicendo sulla mente: ed è un qualcosa che è già ben diversamente approcciabile, rispetto all'imparare un secolo di neurofisiologia e sessant'anni di neuroscienze. Inoltre, quando (sempre Benedetti) afferma che la Metodologia Operativa non ha molto da dire sulla percezione, a cominciare dall'attenzione, per quanto tale affermazione medesima sia da verificare, tale verifica non si può ridurre ad una mera espunzione (per facilitare la discussione), il negazionismo non è qualcosa che funzioni bene.

stereosound ha scritto:Benedetti è assertore dell'esistenza dell'attenzione volontaria ma non ammetterebbe,a quanto pare,la sua necessità per altre tipologie di percezione (subcosciente). Intanto questa è una supposizione ed al momento non sembra assolutamente provata. Rimane comunque la certezza che l'attenzione è necessaria per esercitare la percezione!


Alt, riprendi in mano la situazione (e, forse, il manuale di grammatica italiana): "la supposizione non sembra provata e comunque rimane la certezza della necessarietà dell'attenzione"? La *tua* asserzione (ammesso che io l'abbia ricostruita/sintetizzata correttamente) non torna già a livello logico-grammaticale (quel "comunque" è una bella gatta da pelare...), ma soprattutto, visto che dici di non saperne nulla di cervello, non capisco in base a cosa ti sovvenga da dire che non sia provata... bah, mistero. Inoltre, nel tuo sunto esegetico, aiuterebbe un riferimento, una citazione, perché mi sembra di aver letto un altro Benedetti, quello che sostiene l'evidenza dell'attenzione nella sola percezione volontaria (che immagino sia dirsi qualcosa tipo "voglio percepire quella cosa lì, qui ed ora", una proposizione che in percentuale mi pare piuttosto rara a verificarsi nelle 24 ore di una giornata).

stereosound ha scritto:
stereosound ha scritto:L’attività di pensiero,con gli schemi che acquisirà ,permetterà una comparazione tra i percepiti e la memoria così costruita , producendo, poi, le sintesi.

La frase:con gli schemi che acquisirà è la risposta più giusta per far riferimento ai modelli di cui parlavo. Tale processo di acquisizione è lento e mutevole ( cioè tende ad evolvere)finchè non tenderà a stabilizzarsi diventando quindi uno schema consolidato o modello "invariante" nel tempo. Anche qui potresti obbiettare volendo ( si da per scontato che una persona raggiunta la maturità cambi i propri schemi interpretativi ormai radicati?..non credo). Al limite il modello può essere arricchito ma non sostituito! Negli schemi rientrano anche i percepiti acquisiti (dopo una una certa età) come modelli i quali diventano poi elementi di confronto e valutazione nelle correlazioni.


La percezione è guidata (in parte) dall'esperienza. Ma il risultato non è né dato, né stabile, neanche dopo un congruo tempo.
Non è che perché attingo alla memoria, questa sia "fuori dal tempo". Da dove gli viene questa "qualità"?
Già la percezione (e suppongo la stragrande maggioranza dei processi mentali) è non invariante rispetto al tempo: detto diversamente, se il sistema di percezione umano fosse una "macchina" la cd. risposta all'impulso di tale meccanismo sarebbe sempre diversa, qualunque siano gli istanti t1 e t2 considerati, e la percezione al tempo t influenza, modifica la percezione al tempo t+1.
Il "giudizio" (è questa la sintesi? O sono le valutazioni? O le correlazioni? Insomma, lo capisci che c'è necessità di un abstract da parte tua) che viene dato dalla o sulla percezione poi non è libero: ci sono vincoli che inconsciamente la percezione deve rispettare a prescindere dall'esperienza del singolo, dei parametri di congruità, in parte certamente riferibili all'esperienza evolutiva.
Come ho tentato sinteticamente di illustrare nella comparazione tra luminanza (oggettiva) e brillanza (percepita) di un oggetto, il confronto (mentale) tra oggetti diversi in contesti diversi, a parità di luminanza, produrrà una brillanza percepita diversa. Da dove viene la diversità? Dove sta l'utilità di pensare ad una memoria "fuori dal tempo"? O forse è solo un problema terminologico? Ancora, se non un abstract, magari un glossario, un vocabolario per "aspirante piccolo costruttivista italiano" aiuterebbe. Magari.

Infine, quanto all'età della maturità ed ai suoi "svantaggi", le ricerche delle neuroscienze di oggi ci dicono che se è vero che non tutto può essere imparato, nondimento esercitarsi ci migliora sempre a qualsiasi età (una cosa incredibile: l'esercizio modifica i nostri neuroni! :wink: ).

stereosound ha scritto:Se conosci effettivamente la barca (generica) la riconosci solo dallo scafo in quanto associ lo stesso scafo ad una generica barca(già conosciuta in memoria). La percezione però deve essere almeno ripetuta un'altra volta per attuare una verifica di riconoscimento(questo avviene velocemente ed automaticamente).E' anche possibile che non bastino due singole percezioni per il necessario e sufficiente riconoscimento.
Se non la riconosci, invece,pur conoscendola,devi operare necessariamente più percezioni finchè non avviene il riconoscimento


Ecco, ti prego di perdonarmi, ma se provi a spiegarmi questa necessaria ripetizione, con un po' di particolari in più e parole diverse, te ne sarei grato: d'acchito, a senso, leggendoti, non mi figuro la necessità di una o più verifiche nel processo e, se sono necessarie, da che cosa risultino.
Per provare ad esemplificare: se io volessi imparare l'argomento di un testo, per "saperlo" non mi basterebbe leggere quel testo una volta sola (ed essendo somaro, a volte neanche quattro), in pratica "verifico"/"confronto" più volte le informazioni apprese attraverso una o più riletture delle parole che le veicolano. Ma se io vedo una tigre, "lo so" che ho visto una tigre, anche nel caso in cui io non sappia che si chiami tigre. Quante volte nell'unità di tempo devo "rivedere" la tigre? E che cosa ci rende coscienti dell'effettivo verificarsi di questo "rivedere"?
--- --- ---
Ciao, Luca

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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da stereosound »

Luc1gnol0 ha scritto:
Non ti chiedo di dire quel che nessuno sa, ti dico che le ipotesi e le inferenze che fai suggeriscono un concetto di cervello e di mente non aderente allo stato delle conoscenze, motivo per il quale le tue ipotesi ed inferenze mi suscitano dubbi di correttezza del ragionamento a supporto, ancora prima che di validità delle stesse ipotesi ed inferenze. Poi posso essere senz'altro in errore, ingannarmi, ma non è evitando la questione (delle architetture sottese ai ragionamenti, ipotesi, inferenze) che lo potremmo, semmai, appurare.
Vorrei poter effettivamente migliorare questa discussione con argomenti nuovi che richiederebbero mirate ricerche,almeno da parte mia,lunghe ed anche noiose (tempo e voglia permettendo)...
le mie attuali ipotesi perchè non sarebbero valide?


Luc1gnol0 ha scritto: Peccato che per poter valutare le modalità percettive nell'ascolto del suono bisognerebbe partire, secondo me, "almeno" da una "descrizione" comprensibile e non palesemente errata di cosa sia (come funzioni) la percezione e di cosa sia la realtà che tale percezione indaga (nel caso specifico, quel suono lì), descrizioni che tu finora non hai dato, né dell'una, né dell'altra. O magari me le sono perse in questo bailamme di parole...
Nelle premesse ho inserito qualche spunto da cui poter partire:
stereosound ha scritto:
La musica,come archetipo, (quindi tutto ciò che assume connotazioni sonore) nasce dall'uomo come espressione di un intimo sentimento ,esteriorizzata in forma di linguaggio con l'uso di appositi strumenti:
da qui l'idea di mettere l'uomo al centro.


Potremmo provare almeno definire "il suono" !? :sad:
Mi piacerebbe che tu mi dessi una tua personale idea su come definire questo termine e cosa intendi per suono in termini percettivi.
Nessuno ci ha provato in questa discussione e neanche nello stesso forum si è parlato in questo senso : tutti utilizzano praticamente il termine "suono", in molti casi in maniera impropria!
Mi si rimprovera inoltre di esprimermi confusamente senza sapere bene dove andare a parare !!! :?
Devo confessare che ho anche pensato di chiudere questa discussione per evitare ulteriori e possibili critiche,non certamente perchè temo di esprimere le mie (confuse) teorie. :smile:

Luc1gnol0 ha scritto: Mah, a me pare principalmente che tu, come tutti gli uomini (me compreso, dunque), abbia solo paura dell'ignoto, di quello che ancora non sai, anche se in ipotesi fosse proprio quello la "vera verità".
Non mi spaventa affatto l'ignoto,però vorrei chiederti quale strada secondo te sarebbe percorribile come alternativa alla mia!

Luc1gnol0 ha scritto: Ti faccio un esempio forzato, una battuta, ma che forse può farti riflettere: si dice che le cosiddette basse frequenze non si sentano solo con l'udito ma anche attraverso una percezione corporea. Come farebbe l'attenzione a dire al corpo, magari alla terza costola "...senti che belli 'sti 30Hz", visto che la propriocezione è inconscia? Dovremmo mettere il vincolo ulteriore che i 30Hz non li puoi "intenzionalmente" ascoltare? O cosa?
Ti rispondo che la percezione corporea alle basse frequenza avviene in quanto l'attenzione riesce a rendere consapevole questa condizione.

Luc1gnol0 ha scritto: Se hai letto il documento, mi pare che Benedetti proponga di rivedere, verificare, integrare alla luce delle conoscenze (almeno a livello divulgativo) sul sistema nervoso centrale quel che la SOI (o tu) va dicendo sulla mente: ed è un qualcosa che è già ben diversamente approcciabile, rispetto all'imparare un secolo di neurofisiologia e sessant'anni di neuroscienze. Inoltre, quando (sempre Benedetti) afferma che la Metodologia Operativa non ha molto da dire sulla percezione, a cominciare dall'attenzione, per quanto tale affermazione medesima sia da verificare, tale verifica non si può ridurre ad una mera espunzione (per facilitare la discussione), il negazionismo non è qualcosa che funzioni bene.
Si ho letto ovviamente.
Luc1gnol0 ha scritto:
stereosound ha scritto:Benedetti è assertore dell'esistenza dell'attenzione volontaria ma non ammetterebbe,a quanto pare,la sua necessità per altre tipologie di percezione (subcosciente). Intanto questa è una supposizione ed al momento non sembra assolutamente provata. Rimane comunque la certezza che l'attenzione è necessaria per esercitare la percezione!

Alt, riprendi in mano la situazione (e, forse, il manuale di grammatica italiana): "la supposizione non sembra provata e comunque rimane la certezza della necessarietà dell'attenzione"?
Infatti non sono dello stesso parere di Benedetti sulla non necessarietà dell'attenzione nella percezione,per me l'attenzione è la risposta allo "stimolo generico" che investe l'uomo e può essere volontaria e non.

Luc1gnol0 ha scritto: La percezione è guidata (in parte) dall'esperienza. Ma il risultato non è né dato, né stabile, neanche dopo un congruo tempo.
Giusta osservazione, però i modelli però si acquisiscono col tempo e tendono a rafforzarsi trasformandosi in una "sorta" di pilastri su cui poter erigere le proprie riflessioni.
Luc1gnol0 ha scritto: Non è che perché attingo alla memoria, questa sia "fuori dal tempo". Da dove gli viene questa "qualità"?
...senza memoria comunque non è possibile incrementare o affinare le esperienze che sono, a loro volta,concatenate tra loro in una specie di "interconnessione esistenziale" registrata in maniera indelebile che tende a rispondere sempre nel modo in cui è stata organizzata.
Luc1gnol0 ha scritto: Come ho tentato sinteticamente di illustrare nella comparazione tra luminanza (oggettiva) e brillanza (percepita) di un oggetto, il confronto (mentale) tra oggetti diversi in contesti diversi, a parità di luminanza, produrrà una brillanza percepita diversa. Da dove viene la diversità? Dove sta l'utilità di pensare ad una memoria "fuori dal tempo"? O forse è solo un problema terminologico? Ancora, se non un abstract, magari un glossario, un vocabolario per "aspirante piccolo costruttivista italiano" aiuterebbe. Magari.
Sarebbe una buona idea...
Luc1gnol0 ha scritto: Infine, quanto all'età della maturità ed ai suoi "svantaggi", le ricerche delle neuroscienze di oggi ci dicono che se è vero che non tutto può essere imparato, nondimento esercitarsi ci migliora sempre a qualsiasi età (una cosa incredibile: l'esercizio modifica i nostri neuroni! :wink: ).
E' anche vero che i neuroni morti non sono più rimpiazzabili... almeno per il momento.
Luc1gnol0 ha scritto: ...se provi a spiegarmi questa necessaria ripetizione, con un po' di particolari in più e parole diverse, te ne sarei grato: d'acchito, a senso, leggendoti, non mi figuro la necessità di una o più verifiche nel processo e, se sono necessarie, da che cosa risultino.
Purtroppo non è qualcosa di dimostrabile analiticamente...provo così:
Premesso che riusciamo a percepire con una certa velocità (tempi di 1/10 di sec. sarebbero una norma).
Il primo percepito ritrae l'osservato ,il secondo percepito lo confronta e verifica se corrisponde all'immagine memorizzata.
Non sempre due sole percezioni sono sufficienti.
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da UnixMan »

stereosound ha scritto:Mi si rimprovera inoltre di esprimermi confusamente senza sapere bene dove andare a parare !!! :?
nessuno ti ha accusato di questo: siamo NOI che non abbiamo capito che cosa hai in mente e dove vorresti arrivare! :tmi:
Ciao, Paolo.

«Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da stereosound »

Nel mio precedente post mi è scappato un "però" di troppo per disattenzione...mi scuso con i lettori. :smile:
UnixMan ha scritto:
nessuno ti ha accusato di questo: siamo NOI che non abbiamo capito che cosa hai in mente e dove vorresti arrivare! :tmi:
Unix la mia non voleva essere una lamentela,ho semplicemente espresso una personale interpretazione,potrei non aver inteso correttamente... :wink:

La risposta,come finalità, è comunque deducibile con chiara evidenza,almeno a mio parere,dallo stesso titolo del thread!

Tutte le eventuali implicazioni ovviamente sarebbero(o potrebbero considerarsi) una (naturale) conseguenza. Bisogna anche ammettere che la materia è leggermente ostica da masticare.
Sulla "percezione" non si conosce molto,a quanto pare,e diventa quindi anche un po' complicato riuscire ad affrontare l'argomento in maniera adeguata senza appesantire troppo la discussione.
Basti pensare che concetti come "realtà" e "verità", usati comunemente nel nostro linguaggio, sembrano solo apparentemente di semplice comprensione ed interpretazione...assumono invece significati diversi secondo le modalità con cui il pensiero costituisce i rapporti.
Max
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da UnixMan »

Un piccolo inciso, meno OT di quel che potrebbe sembrare...

http://www.lescienze.it/news/2013/05/22 ... o-1665847/
Ciao, Paolo.

«Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»
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stereosound
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Re: SUONO: Realtà o Percezione?

Messaggio da stereosound »

UnixMan ha scritto:Un piccolo inciso...
L’importanza che occupa la MEMORIA in una qualsivoglia attività mentale relativa ad una percezione(come sintesi di una fenomenologia fisica esteriore all’osservatore) che può rappresentare,seppur con alcuni limiti intrinseci, una piccola fetta di quella che potremmo definire "realtà conoscibile", ci mette nelle condizioni di fare alcune utili valutazioni:

A) La Percezione e la memoria possono avere solo carattere soggettivo ;

B) Non potrebbe considerarsi ipotizzabile una tipologia di memoria collettiva (zikkaron) relativa alla storia (universale) delle percezioni;

C) I limiti intrinseci di qualsiasi percezione dipendono dalla modalità con cui viene scandagliato l’osservato e dalla personalità (cultura compresa) di chi osserva;

D) Le correlazioni possono avvenire in maniera così veloce(si è valutato che l'attività cerebrale ha una potenzialità di 10 alla 16 operazioni al sec.)che chiunque le faccia non è consapevole di ciò che sta succedendo nella propria testa (pragmaticamente parlando).

E) Parlare di “distorsione”di valutazione equivarrebbe ad affermare tacitamente che esiste un “modello” assolutizzato da prendere a riferimento…

Comunque ,almeno nell'ascolto della musica, la perdita di pochi dati memorizzati non potrebbe in alcun modo compromettere la percezione.
Max
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